Rimini. Sesso sulle strade, boom di transessuali

Cambiano aspetto i marciapiedi del sesso. E lasciato quello acerbo e malinconico, per una giovinezza mai vissuta, delle ragazze dell’est Europa, assumono quello più trasgressivo e segnato da una vita di sofferenze delle più mature transessuali peruviane. Da inizio estate la loro presenza è fissa sulle strade riminesi. «Col covid abbiamo visto cambiare radicalmente la prostituzione su strada – spiega Silvia Argenti, 30enne volontaria del gruppo “Antitratta” della Comunità Papa Giovani XXIII, un servizio che opera tutti i giovedì notte a Rimini con l’obiettivo di strappare dalla strada quante più donne possibile – . E tutte quelle ragazze, ma anche donne più in là con gli anni che, costrette dai loro papponi (basta chiamarli “protettori”!), una volta vendevano il proprio corpo lungo i viali delle Regine o sulla Statale, adesso “lavorano” in casa. Perché il loro “posto” è stato preso, anche con la forza, dalle donne transessuali sudamericane, peruviane in particolare. Che, spinte dai forti pregiudizi, spesso violenza pura, che ci sono nel loro Paese, scappano da lì per venire in Italia con l’illusione di rifarsi una vita. E invece trovano l’inferno».
La situazione
E l’incontro tra i due mondi non è sempre pacifico.
«Noi usciamo un giorno a settimana – spiega la volontaria del gruppo antitratta della Papa Giovanni XXIII –, io tra l’altro svolgo questo servizio da quando avevo 19 anni, ora ne ho 35, e tra giugno e luglio abbiamo visto materializzarsi questa netta trasformazione. Sempre meno ragazze: albanesi, rumene, bulgare, sempre più donne transessuali peruviane: tra Marebello e Miramare ce ne saranno oltre cinquanta, così come in zona Celle. Mentre le ragazze, sì e no una quindicina in tutto, quelle che non possono permettersi un affitto in un residence o in un appartamento, “lavorano” principalmente sulla Statale e lungo i viali delle Regine, spesso sotto minaccia».
I pericoli della strada
Ma in questo spaccato di disperazione quotidiana, dove si nasconde la Rimini più oscura e sofferente, mancano le africane. Fino a qualche anno fa presenti in gran numero tra lungomare e Adriatica. «Queste ragazze non ci sono più. Forse hanno optato anche loro per l’indoor, piuttosto che correre i pericoli della strada – puntualizza Argenti – . Un paio di settimane fa, ad esempio, l’unica ragazza giovanissima, appena 20enne,credo senegalese, che era stata accompagnata, meglio dire costretta, dal pappone a prostituirsi alle Celle, è stata prima invitata, poi obbligata a brutto muso dalle trans ad andarsene, quindi minacciata di violente ritorsioni se fosse ritornata. E tutto davanti a noi che ci trovavamo lì, in servizio, in quel momento. Ebbene, da quel giorno non l’abbiamo più rivista».
I racconti
Un racconto duro, aspro, quello di Argenti, come altrettanto dura, aspra, corrosiva, è la vita di chi si prostituisce. «Non potete immaginare cosa ci svelano queste donne. Che vorrebbero cambiare vita, soprattutto le ragazze, ma non possono perché il loro aguzzino minaccia di far del male ai loro familiari: madri, sorelle, in patria. E che quell’aguzzino è quasi sempre un fidanzato che le ha circuite ed è legato ad una banda criminale. Per non parlare delle transessuali, che arrivano qui grazie all’aiuto interessato di compaesane che, dopo aver pagato loro il biglietto aereo, rivogliono i soldi indietro con gli interessi, molti interessi, fino a 10mila euro, oltre al pagamento del posto sul marciapiede dove vendere il proprio corpo».
La droga
Ma c’è un aspetto in questo mondo sommerso della ricerca della trasgressione estrema che non emerge. Ed è quello del profilo del cliente. «Non c’è una fotografia particolare. Perché si va dall’imprenditore all’operaio, dal giovane all’attempato, dal ricco a colui che vive di espedienti ai margini della legalità, ed è il più pericoloso».
Chiosa, quindi, la volontaria dell’antitratta: «Quello che ci preoccupa è l’uso sempre più massiccio di cocaina durante i rapporti. O meglio la richiesta, quasi pressante, che fanno i clienti soprattutto alle transessuali, che poi, quelle che vorrebbero smettere di fare questa vita e che si rivolgono a noi per un aiuto, ci raccontano, si aggiunge alla richiesta di prestazioni talmente spinte che si fa fatica perfino a parlarne».