Rimini, Leonina Grossi lascia la Banca del tempo: “Bisogna tornare umani, da 30 anni aiutiamo persone e famiglie”

Rimini

Ha rassegnato le dimissioni la storica fondatrice della Banca del Tempo, Leonina Grossi. Nel mezzo tre decenni di solidarietà. Presidente uscente dell’Associazione nazionale delle Banche del Tempo questa 73enne è una forza della natura. Riminese doc, il suo nome è legato a doppio filo alla politica locale ma anche alla creazione di un’associazione nata per promuovere un nuovo concetto di mutuo soccorso dove il mezzo usato dagli associati per scambiare saperi e disponibilità non è il denaro ma il tempo. Quanto alla carriera, Grossi è andata in pensione nel 2015 come coordinatrice dei centri giovani del Comune e per dieci anni ha ricoperto il ruolo di consigliera delegata della provincia sulle Pari opportunità.

Grossi, quando è cominciata la sua avventura?

«La prima associazione è stata fondata a Santarcangelo l’8 marzo 1995 seguita da quella di Santa Giustina aperta il 25 novembre dello stesso anno. Il caso ha voluto che le date risultassero legate a due ricorrenze, ossia la festa della donna e la Giornata contro la violenza sulle donne, istituita dalle Nazioni Unite nel 1999. Oggi esistono tesi di laurea sulle Banche del tempo che sorgono a Santa Giustina, Santarcangelo, Bellaria e Riccione. Senza dimenticare la realtà dei cristiani evangelici».

Qual era l’idea di partenza?

«All’epoca ero la coordinatrice della commissione Servizi sociali dell’allora Quartiere 5 del Comune e l’intenzione era quella far socializzare in un rapporto di mutuo soccorso gli abitanti della zona, circa 25mila persone. Un modo per donare una boccata d’ossigeno a tutti».

Perché ha presentato le dimissioni?

«Per svariati motivi fra cui la mia pessima salute».

Quali cambiamenti hanno attraversato le Bdt?

«Sono mutate le forme, non scambiano più il tempo preparando tortellini o badando bambini. Spesso sono realtà tematiche, che si concentrano quindi sull’argomento che interessa di più i cittadini, oppure funzionano con sistemi misti, non ancora riconosciuti dall’associazione nazionale, che tuttavia non può far finta di nulla. In questo senso la digitalizzazione ha dato una spinta decisiva e il tempo, in effetti, ora si registra sul programma informatico della banca nazionale ma, ricordiamocelo, la Bdt non è solo una sfilza di cifre perché è fatta di azioni, relazioni interpersonali e legami».

È stata colpita da qualche storia in particolare?

«Una bella vicenda risale a oltre 20 anni fa. Una nostra amica, di origine colombiana, non poteva sposarsi perché la suocera non l’accettava a causa della pelle scura, ma Nostrosignore ha risolto il problema chiamando in cielo la madre del fidanzato. Una gioia a metà però visto che il futuro sposo non voleva spendere un soldo, ritenendo sufficiente una bottiglia da stappare. A quel punto le ho proposto di organizzare noi la festa al centro giovani di Santa Giustina ed è stato un successo a partire dagli allestimenti realizzati con rose di carta e tulle sino al pantagruelico buffet per 200 ospiti. A fine giornata abbiamo donato 7 plateau di cibo intatto alla mensa dei poveri. La nostra sposa ha avuto tutto: dai regali al video incluso concertino e foto. Quanto all’abito, gliene abbiamo proposti diversi, ne adorava uno che le andava lungo ma una sarta ha creato balze così riuscite da sembrare un motivo decorativo. Morale ci abbiamo preso la mano, accompagnando altri iscritti nei momenti lieti ma anche nelle difficoltà. La riprova del nove? Quando mi sono fatta male io sono venuti tutti: chi stendeva la sfoglia a mano, chi puliva... A dirla tutta non ho mai avuto i lampadari luccicanti come in quei mesi».

Come avete aiutato i più piccoli?

«Nei modi più disparati organizzando anche lezioni scolastiche gratuite. Un’idea che ha fatto un gran bene ai migranti di seconda generazione. Anche diverse signore straniere hanno imparato l’italiano, sebbene non sapessero né leggere né scrivere. La più diligente era una donna marocchina che non conosceva neanche l’arabo e parlava un dialetto infarcito di francese. Le ho chiesto il motivo di tanto impegno e lei mi ha risposto: “Voglio andare dalla maestra di mio figlio per sentire come va e se si comporta bene”».

Una vicenda malinconica?

«Uno dei primi soci era un poeta locale poi premiato dal Presidente della Repubblica come grande ufficiale al merito del lavoro. Da anziano veniva da solo anche alla serata di San Valentino che dedicavamo non agli innamorati ma all’amicizia. Raccontava le sue barzellette e leggeva versi finché confessó che era il suo modo per non star solo il giorno del compleanno. Da allora gli abbiamo fatto trovare una mega torta finché è vissuto».

Tutti hanno sempre meno tempo, le Bdt trovano la quadra?

«Il punto è che bisogna tornare umani, più sensibili alla sofferenza degli altri. Basta poco come, ad esempio, donare il tempo di una passeggiata a chi assiste la madre malata di Alzeihmer».

Un risultato di cui è orgogliosa?

«Con il contributo della Provincia siamo riusciti a comperare un terreno per costruire una casa di accoglienza in Colombia. Ora ospita 250 bambini di strada che vanno a scuola e imparano un mestiere, monitorati da medici che lavorano in modo gratuito. Una volta costruiti i pavimenti sulla terra battuta, è stata un’impresa far tenere le scarpe ai bimbi perché si divertivano a scivolare. In questo caso poi si tratta di un circolo solidale perché è stata la sposa, a cui abbiamo organizzato le nozze, a segnalarci quest’importante necessità».

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