Rimini. Le storie dei padri separati. “Il divorzio? Roba da ricchi”

Rimini

«Il divorzio? Una questione da ricchi». C’è chi ha dormito nell’officina del carrozziere 22 giorni, per sfuggire al gelo invernale, raggomitolato nell’auto riparata ma che era impossibile ritirare, causa tasche vuote.

E c’è chi si è trovato costretto a cercare un secondo lavoro per far quadrare i conti. Storie dal limbo in cui sprofondano i padri separati per cui il divorzio dalla compagna comporta non solo la sofferenza di vivere lontano dai figli ma spese enorme tutte a carico loro.

Lo sostengono due 50enni che vivono nel Riminese, Gabriele e Bruno (nomi di fantasia).

Nel pieno della separazione Bruno si è trovato in mezzo alla strada, costretto a pagarsi un albergo o a chiedere asilo a conoscenti che non gli hanno mai negato il divano. Sua figlia era appena nata e per fare il papà, l’artista si è ridotto a equilibrismi precari «mettendo a rischio salute e carriera».

Inizio in salita

Fortuna ha voluto che, sia per Bruno che per Gabriele, non fosse in ballo un mutuo da pagare vista la casa di proprietà delle ex consorti ma le spese son rimaste un tasto dolente. Nel dettaglio tra alimenti mensili (500 euro), alloggio (40 euro a notte in albergo) e imprevisti vari, a Bruno non bastava lo stipendio, peraltro variabile, tant’è che non riuscendo a mangiare tutti i giorni, ha perso 30 chili in pochi mesi. Ad aiutarlo, oltre agli amici, l’avvocato che non si è fatto pagare finché la situazione non è tornata a regime. «Bisogna esser forti, - riconosce il 50enne - io non potevo contare neanche sulla famiglia d’origine, essendo orfano. Solo quando i rapporti con la mia ex si sono rasserenati anche il lavoro è tornato a ingranare. Ora pago sui 700 euro al mese per mia figlia, inclusi gli extra, e 450 di affitto, ma lo stipendio è buono».

Parola d’ordine: tirare la cinghia

Caso diverso per Gabriele, separato da circa tre anni che ha trovato un accordo dopo 365 giorni di inferno. «Nostro figlio vive con ognuno di noi a settimane alternate: una soluzione che ha eliminato gli alimenti, che si aggiravano sui 250 euro mensili». Ora le spese vengono divise usando il buon senso, tra attività sportive, occhiali e trasporto scolastico, ma persistono le difficoltà sulla gestione di un figlio quasi adolescente, visto che Gabriele lavora 8 ore al giorno. «La differenza la fa mia madre che è ancora in gamba e si occupa di lui dal pranzo ai compiti, mentre sono in azienda - confessa -. Dati alla mano ai 250 euro mensili si aggiungono 500 di affitto, più 300 di bollette, senza contare la benzina che riducono di tanto il mio stipendio da 1400 euro. Morale mi son trovato un secondo lavoro, seppur occasionale ma gli strascichi sono tanti: addio alle vacanze di un tempo e agli svaghi, ormai risparmio in ogni modo possibile e aggiusto ciò che si rompe». Da qui l’invito del 50enne alle istituzioni perché il divorzio non diventi roba da ricchi. Bisogna tener presente, rincara, ogni sfumatura della situazione dei due genitori ma anche il momento storico senza precedenti, tra carovita e inflazione galoppante, ricordando che per tanti padri una spesa imprevista fa la differenza tra dormire sotto le stelle o a un tetto. «Che poi nella maggior parte dei casi i figli vengono affidati alle madri – non la manda a dire – resta una questione da rivedere caso per caso».

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