Rimini, “le 200 vite salvate in 29 anni passati sul moscone”: storia di Ananke, il custode delle vacanze serene

«Circa 200 persone soccorse in 29 anni». È questo il bilancio del marinario di salvataggio, riminese doc, Alberto Biagini in arte Ananke. Se è difficile ripercorrere tutti gli interventi effettuati, tra prevenzione e recuperi in acqua, è altrettanto vero che certe operazioni restano impresse a lettere di fuoco nella memoria. È il caso, come racconta il 46enne, della famiglia pugliese di quattro persone avvistata dalla torretta e messa in salvo nel luglio del 2004, nello specchio di mare antistante il bagno 69 di Rimini. Una spensierata escursione in pedalò rischiò di trasformarsi in tragedia quando due coniugi con altrettanti figli maschi al seguito si spostarono all’unisono da un solo lato dell’imbarcazione, sbilanciandola e provocandone poi il rovesciamento. Questione di secondi e Ananke era già salito sul moscone di servizio. Raggiunto il gruppo, riuscì a issare su i tre maschi, mentre la donna era sparita inabissandosi sotto lo scafo. Per strapparla all’annegamento, Biagini si tuffò comprendendo, nonostante l’acqua torbida, che la sua caviglia era rimasta incastrata tra il seggiolino e la manopola che sposta il timone. «Il peggio - racconta il marinaio - è che la malcapitata si dimenava in preda al panico rendendo più difficile il mio compito, ma alla fine la mattinata si è chiusa col lieto fine».
Un eroe in rosso
Interventi anche più frequenti sono quelli a tutela dei bagnanti fragili, come gli anziani. Un esempio è costituito dalla disavventura occorsa all’83enne bergamasco rianimato l’anno scorso presso il bagno 104. Era crollato in mare per un principio di congestione mentre camminava nell’acqua. Il battito c’era ancora ma non il respiro. Attimi convulsi, ricorda Biagini, in cui mantenere la lucidità è l’unica via per riportare indietro qualcuno.
Pescando dal molo dei ricordi, rammenta poi intervento eseguito nel 2007 all’altezza del bagno 85. «Ero appena arrivato in servizio, verso le 9.30 - ripercorre il marinaio della Cooperativa operatori spiaggia Rimini diretta da Andrea Albini - e le onde raggiungevano già il metro e mezzo quando ho scorto un turista 50enne, che poi avrei scoperto essere russo, abbarbicato alla boa e incapace di tornare a riva. Era in balia dell’angoscia, quando l’ho raggiunto, e l’ho dovuto caricare di peso strappandolo a un mare spaventoso». Ma non è tutto. Lo stabilimento 66, nel 2002, lo ha visto salvare due bambini che si erano avventurati al largo, a bordo di un canotto. Quando si era rovesciato, tra lacrime e strilli, il più piccolo si era aggrappato al fratello maggiore mettendo a rischio le vite di entrambi. «I loro genitori - sottolinea il 46enne - erano a rilassarsi sotto l’ombrellone, in quinta fila, e non si sono accorti di nulla. Una volta terminata l’operazione me li sono mangiati vivi, con parole accorate, sostenuto dagli altri bagnanti». Da qui una raccomandazione generale: «Conoscere e rispettare l’Adriatico - rimarca - è la prima regola per trascorrere vacanze serene. Mai sottovalutare le forze della natura, è la seconda. Il vento di Libeccio, per dirne una, spinge al largo e sebbene il nostro sia un mare basso, ha un fondale che genera onde a sequenza continua, le quali a loro volta innescano correnti di risacca, che rendono difficile riguadagnare la riva. Senza dimenticare - chiude la rassegna del buon senso in spiaggia - le buche che costellano un fondale melmoso e le correnti trasversali».
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