Rimini, l’ex dj Paolo nhe: “Rilancio disco, il format così non va, mancano imprenditori e creatività”
Serate ispirate ai fasti del Paradiso, lo storico locale di Covignano chiuso nel 2011, ma precedute da una cena speciale per attirare anche il pubblico adulto. È questa una delle ricette per riportare all’età dell’oro le discoteche, che propone Paolo Gabriele, ex dj col nome di Paolo nhe e ora imprenditore nella ristorazione. Il suo è un passato che brilla di polvere di stelle, perché suonando alla consolle, ha intrattenuto anche i big di oltreoceano e strizzato l’occhio alla moda lanciando, ad esempio, lo showroom dello stilista Roberto Cavalli. Era il 2003 ed era stato chiamato a Mosca come dj per un locale esclusivo dalla Federazione russa. In platea sedevano cantanti del calibro di Whitney Houston e Sting e attori come Val Kilmer. Ma il sogno ad occhi aperti l’ha vissuto quando, lavorando al Pacha di Monaco di Baviera, si è esibito davanti alla storica band degli U2. Sempre nello stesso anno, il 2023, ha lanciato le serate del Turquoise di Rimini.
Gabriele, quando è cominciata la sua avventura?
«Dopo una lunga gavetta. Terminato il servizio militare, nel giugno del 1990, lavoravo come cambusiere al Barcellona Disco, raccogliendo bicchieri lasciati in giro e rimettendo in ordine. Dopodiché, una sera, ho inventato la figura del vocalist salendo sul palco per animare il pubblico, finché ho cominciato a mettere dischi in prima serata, i miei amati vinili, al fianco di celebri dj. Nel 1993 ho mosso i primi passi in autonomia, al bar Lord Nelson di Rimini, con il caro Enzo Montemaggi. La mia consacrazione risale invece al 1995 nella cornice del Nabis, il locale di Gianni Indino e Fausto Girasole sorto sulle ceneri del Bahamas e poi ribattezzato Coconuts dai fratelli Paesani».
Altri step?
«Dal 1998 al 2001 sono stato il dj del Byblos nella gestione di Aldo Gennari per poi entrare nel circuito del Pacha di Ibiza, che mi ha portato a viaggiare, prima verso Monaco di Baviera (2 weekend al mese per tre anni) per poi sbizzarrirmi nei gemellaggi con le 25 sedi sparse nel mondo tra cui Ibiza, Londra e Sharm el-Sheikh in Egitto».
Ha contribuito a lanciare hit come “Lady” di Mojo, com’è andata?
«A sottoporre vari dischi alla mia attenzione, alla fine degli anni Novanta, fu la Public propaganda, che era una nota azienda tedesca. Scelsi “Lady” che uscita nel 2000 diventó disco Byblos e un evergreen anche nell’anno a seguire. All’epoca era il club che rendeva il dj celebre e non l’inverso come accade oggi. Tradotto? Una volta solo il connubio fra discoteca e dj innescava la scintilla per arrivare alla qualità richiesta».
Da cinque anni organizza La Réunion dei djs del Paradiso: di cosa si tratta?
«È un progetto nato nel 2019 quando le reunion erano una chimera. All’epoca mia moglie e io gestivamo il ristorante “Rivabay” sotto gli scivoli di Rivabella. Nella prima reunion ho celebrato il Barcellona Disco con una rimpatriata che ha ottenuto un successo enorme, poi a settembre è stata la volta del Paradiso che ha segnato consensi triplicati. Da qui l’idea di organizzare un evento ogni mese, in sinergia con 5 dj che negli anni ruggenti della Riviera hanno fatto la storia dei locali: Gianni Morri, Max Padovani, Michelino e Paolino Zanetti. Collegato a questo progetto, ce n’è un altro intitolato “Il cuore di Gianni Fabbri”, l’ex patròn del Paradiso di cui ci sentiamo tuttora ambasciatori. Ecco perché in ogni serata i dj performer donano l’8% del cachet per sostenere la comunità di Montetauro. In 60 serate e 3 Capodanni organizzato in 5 anni abbiamo raccolto oltre 5,5 tonnellate di alimenti per diverse associazioni».
È possibile riportare le disco all’età dell’oro?
«I locali ci sono, mancano tuttavia imprenditori nuovi, creatività e il dovuto marketing. In sostanza occorre una preparazione diversa rispetto al format attuale. L’onda si sta rialzando, è vero, ma ad oggi funziona ovunque l’effetto-fenomeno: ovvero il dj è visto come un dio da una platea immensa mentre non ha alcuna importanza lo sfondo, mentre un tempo il muro d’aria del Paradiso riscuoteva gran successo proprio come le forme avveniristiche di certi templi della notte. Adesso è sufficiente un bel ledwall, un buon impianto luci e un dj che ha sfornato una sola hit internazionale. Altro nodo? Chi si affaccia da novellino nel settore si concentra troppo sul lucro. Sarebbe bello, invece, riaprire ad esempio in una nuova sede il Paradiso: un locale dove si possa cenare attirando anche la clientela adulta come quella che incontriamo nelle nostre serate. Riproporre e organizzare, in aggiunta, una serata anni Ottanta-Novanta (oppure la serata dance e quella più d’avanguardia col dj internazionale) aiuterebbe a tornare all’antico splendore».
I chiringuito sono una concorrenza sleale per le disco?
«In origine erano bar in spiaggia poi la mancanza di educazione musicale ha allargato il tiro. Ora sono l’equivalente della chitarra attorno al falò ma servono più sicurezza e regolarizzazione oraria, per esempio limitando la musica dalle 16 alle 21.30. In questo modo non pesterebbero i piedi ai discobar con licenza per piccoli intrattenimenti e djset che a loro volta dovrebbero far musica dalle 22 sino all’una. A seguire spazio alle discoteche fino alle 5 del mattino e oltre».
Cosa fare contro l’inquinamento acustico?
«Bisogna costruire le prossime discoteche lontano da zone residenziali. In caso di maxi esibizioni all’aperto, come all’Ushuaia di Ibiza, l’orario deve andare dalle 18 a mezzanotte».
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