Rimini. “Io, madre di tre figli, sfrattata dalla casa popolare dopo 23 anni”. La replica di Acer: “Aveva 30mila euro di arretrati”

Ha 54 anni, madre di tre figli, non riesce più a lavorare e da mercoledì dorme in macchina «perché - dice - mi hanno sfrattato. Buttata fuori con un figlio piccolo dalla casa popolare in cui ho vissuto negli ultimi 23 anni».
Valigia e coperta
Ieri mattina, la donna per chiedere aiuto ed essere ascoltata dalle istituzioni ha intrapreso una sorta di protesta silenziosa con tanto di cagnolina al seguito sulle scale della residenza comunale in piazza Cavour. «Ho bisogno di aiuto - dice - perché da sola con tre figli non arrivo alla fine del mese. È vero ho sbagliato alcune cose, ma dove vado ora? Non possono sbattermi fuori anche perché soffro di depressione. Se non mi ascoltano inizio lo sciopero della fame». La 54enne con valigia, coperta, traversina per il cane ieri mattina si è sistema sulle scale del Comune «se non trovano una soluzione non vado via - dice - mi basta anche una roulotte. Se stasera, quando chiudono, mi sbattono fuori anche da qui, dormo in piazza Cavour».
Rimasta senza lavoro
Assistita dall’avvocato Luca Caroni, la donna negli anni qualche problema con le case popolari gestite dall’Acer in effetti l’ha avuto. Un muro abusivo e qualche altra piccola cosa che però - secondo la donna - «non possono portare ad uno sfratto con un bambino di 10 anni. È stato bruttissimo. Martedì ho aperto la porta all’ufficiale giudiziario, mi hanno detto adesso signora prenda le sue cose ed esca di casa. L’ho fatto. Ho portato mio figlio di 10 anni dalla sorella maggiore che vive per conto suo e io sono andata a dormire in auto. Non è giusto però, a me basta poco anche una casa mobile».
La storia della donna non è delle più facili. «Lavoro da quando avevo 11 anni e mezzo perché sono nata in una casa popolare, ultima di 9 figli. Io so cosa significa avere i pantaloni rotti o andare in giro senza scarpe - racconta -. Ho fatto tutti i mestieri, la sarta e l’operaia, ma ora sto male e non riesco più a lavorare, la mia è una richiesta di aiuto disperata».
L’intervento di Acer e Comune
Su questo caso, interpellata, interviene Claudia Corsini, vicepresidente di Acer (Azienda casa dell’Emilia-Romagna). «Questa persona ha messo in atto a più riprese comportamenti contrari al regolamento, dall’edificare muri all’ospitare persone. E ha accumulato 30mila euro di morosità». Ragion per cui non si tratta di un fulmine a ciel sereno: la decadenza del contratto le pendeva sulla testa già da anni. Prima di qualsiasi decisione, Acer ha contattato tuttavia il Comune verificando «se si trattasse di persona fragile presa in carico dai servizi sociali per fornire cautele diverse». Ma i dati non hanno condotto a questa ipotesi: «Né lei, né suo figlio erano noti ai servizi sociali». E quando l’ufficiale giudiziario ha bussato alla porta con il supporto della forza pubblica, «non è stato coinvolto il bambino che non a caso a quell’ora si trovava a scuola ma il servizio minori sono stati comunque allertati nonostante la signora abbia rifiutato qualunque aiuto». Un caso isolato, si precisa, in quanto quella riminese resta una situazione più serena di altre. Ma che ne sarà dell’appartamento vuoto? Una volta ripristinato con fondi ad hoc verrà assegnato ai primi in graduatoria. L’assessore alle Politiche per la casa, Kristian Gianfreda assicura che il Comune «fornirà sostegno economico al nucleo sfrattato» ma riconosce che, quello a un passo dall’estate, «è un momento durissimo per trovare un tetto. Uno scenario comune alle città a vocazione turistica o sedi di università per cui servirebbe una soluzione a livello nazionale».