Rimini. Incentivi dell’Ausl per “tagliare” le ricette. L’Ordine dei medici: nessuna irregolarità

Incentivi dall’Ausl per tagliare i farmaci, l’Ordine dei medici non rileva irregolarità ma Snami tira dritto: «Non firmeremo la proposta». Nei giorni scorsi Pietro Pesaresi, presidente dello Snami Rimini (Sindacato nazionale autonomo medici italiani), aveva sollevato perplessità presto sfociate in aperte critiche sul cosiddetto sistema di valutazione “dell’appropriatezza” che ha spinto anche quest’anno l’Ausl Romagna mettere sul piatto un premio economico da un fondo incentivante di 550mila euro complessivi, per siglare alcuni obiettivi concordati per il 2025. In ballo aleggiano temi come il buon uso degli antibiotici sul territorio, ma anche l’uso di confezionamenti con miglior rapporto costo-efficacia- sicurezza, oltre a un taglio alle prescrizioni per gli over 75 che assumono 9 o più farmaci al giorno. La questione è finita sotto la lente dell’Ordine dei medici, al vaglio del presidente Maurizio Grossi, per valutare «se ci fossero elementi ostativi dal punto di vista deontologico».
La posizione dell’Ordine
Molto utile, secondo Grossi, è richiamare l’articolo 4 del Codice deontologico che ribadisce come «l’esercizio professionale del medico sia fondato su principi di libertà, indipendenza, autonomia e responsabilità».
Medico che, si ribadisce, ispira la propria attività professionale «ai principi e alle regole della deontologia professionale senza sottostare a interessi, imposizioni o condizionamenti di qualsiasi natura». Tra le regole base, all’articolo 13 si aggiunge che il medico fa una prescrizione «fondandosi sulle evidenze scientifiche disponibili, sull’uso ottimale delle risorse e sul rispetto dei principi di efficacia clinica, sicurezza e appropriatezza».
Al centro deve rimanere il paziente tant’è che, come precisa ancora l’Ordine, il confine tra la terapia ammessa e quella vietata deve tener conto «dei due diritti fondamentali del malato: quello di essere curato efficacemente, secondo i canoni della scienza e dell’arte medica e quello di essere rispettato come persona, e in particolare nella propria integrità fisica e psichica». Sia in giurisprudenza che in ambito deontologico si è posto quindi un solo limite all’obbligo di attenersi alle linee guida: vanno scartate quando è evidente che antepongono ragioni economiche alle esigenze di cura. Casi rari, questi, a parere di Grossi e che andranno segnalati a chi ne ha disposto adozione e uso. Nell’attesa l’Ordine dei medici dà via libera agli incentivi affermando «che è deontologicamente corretta l’appropriatezza prescrittiva del medico, anche incentivata da un fondo economico dedicato, mentre sarebbe scorretto negare terapie alla persona malata solo per finalità di risparmio della spesa sanitaria».
Muro contro muro
Il presidente dello Snami, Pietro Pesaresi ringrazia l’Ordine per la risposta a stretto giro ma rimane sulle proprie posizioni. «Il mio dubbio deontologico, – ribatte - che è anche un dubbio di coscienza, rimane irrisolto». Le criticità etiche di un incentivo in denaro superano infatti, almeno a suo parere, i vantaggi «su un ipotetico (e mai dimostrato) guadagno in “appropriatezza prescrittiva”». In sostanza se un incentivo economico dell’azienda sanitaria di fatto induce il medico a modificare il proprio ricettario, secondo Pesaresi, si entra in un’area dai contorni ambigui rischiando di veder le ricette pilotate dall’alto. In buona sostanza, il problema non è tanto il principio di appropriatezza «che già di per sé è un dovere deontologico» ma il fatto che la premialità potrebbe rappresentare «un condizionamento esterno sulla libertà del medico». L’appropriatezza, incalza Pesaresi, non può essere standardizzata né cristallizzata «attraverso criteri amministrativi o economici». E ancora: pur non costituendo un vantaggio economico “illecito”, l’incentivo dell’Ausl non esulerebbe da una questione morale: «Se il premio economico è legato alla riduzione delle prescrizioni – nota il presidente Snami - il medico potrebbe trovarsi in un conflitto tra l’ottimizzazione della spesa sanitaria e il diritto del paziente alla cura più adeguata. Se invece l’incentivo riguarda la scelta di specifici farmaci, si rischia di sfiorare un meccanismo di condizionamento commerciale, seppur indiretto». Il punto, conclude, non è la buona fede dell’iniziativa ma il principio alla base: quindi la scelta terapeutica non deve essere guidata «da fattori esterni (men che meno premi in denaro collegati alla prescrizione) rispetto al rapporto medico-paziente».