Rimini. Il titolare dello storico pub: “Ecco come trovare i dipendenti”

«Non è vero che il personale non si trova. È che molti titolari non vogliono più investire. O peggio ancora, pretendono di lavorare come vent’anni fa». Roberto Di Angelo, che assieme al papà Richard gestisce lo storico pub riminese Rose& Crown di viale Regina Elena, è uno dei pochi a non lamentare la carenza di personale. Anche se il locale, va detto, si è mosso con largo anticipo rispetto ai colleghi del settore. «Non abbiamo problemi di dipendenti, e non è un caso - spiegano Richard e Roberto Di Angelo in coro -. Abbiamo iniziato ad assumere già a gennaio, così da farci trovare pronti. Bisogna muoversi con anticipo. E soprattutto, pensare al benessere del dipendente».
Di Angelo (Roberto, ndr), andiamo subito al sodo: perché molti locali come il suo non trovano personale?
«Credo che la differenza la faccia la mentalità del datore di lavoro. Alcuni imprenditori non si rendono conto che i tempi sono cambiati. Prima, per un dipendente, la priorità assoluta era il lavoro. Ad oggi non è più così. Le persone danno molta importanza anche all’extra. Un titolare che non entra in quest’ottica e non si mette nei panni dei lavoratori perde già in partenza».
Al Rose&Crown, come approcciate alla questione?
«Puntiamo molto sul benessere psicofisico del dipendente. Deve sentirsi parte di un team, e non percepire il titolare come il classico “padre padrone” che esisteva ai tempi. Il luogo di lavoro deve diventare un punto di riferimento. Inoltre, mandarli allo sbaraglio senza un’adeguata preparazione è controproducente. Noi, anche se siamo ad aprile, stiamo già inserendo persone che lavoreranno a giugno. È un investimento quello che facciamo, anche economico. Ma alla fine i frutti si vedono».
Cos’altro?
«Non proponiamo turni di lavoro da otto ore, ad esempio. Da noi un dipendente non fa mai più di sette ore consecutive. In aggiunta, gratifichiamo tutti coloro che svolgono il turno serale con una paga più alta. Del resto, non sarebbe corretto se ci comportassimo diversamente».
Di Angelo (Richard, ndr), lei è nel settore da cinquant’anni: qual è il segreto per fidelizzare i dipendenti?
«Investire. Quello che stiamo facendo noi da anni. Assumiamo personale anche se la clientela non lo richiede. Lo formiamo e cerchiamo di fargli prendere il ritmo, di farlo ambientare, così da prepararlo alla stagione. Creare un ambiente di lavoro dove il dipendente si trovi bene e si senta a suo agio è fondamentale. Mai arrivare risicati a ridosso dei mesi estivi».
Diciamolo però: anche la paga conta.
«Assolutamente sì. Gratificare attraverso stipendi congrui è una prerogativa. L’aspetto economico e quello ambientale sono i due fattori su cui puntiamo. Da noi, un cameriere prende in media tra i 1.600 e i 1.800 euro, sulla base anche del turno svolto. Con il giorno di riposo. Ma desidero sfatare un falso mito: non è vero che i miei colleghi pagano poco. Ci sono pecore nere, come in tutti i settori. Ma la maggior parte dei locali sono strutture sane. Tutto sta nel mutare approccio. Mi sento di dire che, ai tempi d’oggi, partire dalle esigenze del lavoratore è imprescindibile. È questo che dovrebbe fare un imprenditore».