Rimini, i giovani non vogliono fare i pescatori: “Così la marineria sparirà, gli stipendi? Fino a 2.500 euro”

Rimini

«I giovani? Non vogliono più fare i pescatori. Qualche anno e la marineria riminese sparirà». L’amara riflessione viene dal 61enne Pasquale D’Orsi (padre pugliese e madre siciliana), noto a tutti come “Paco”, un decano del settore ittico e del Mercato coperto che riconosce come questo mestiere dalle origini che si perdono nella notte dei tempi, e che una volta si tramandava di padre in figlio, non faccia più presa sulle nuove generazioni. «Tempo qualche anno – dice - e sarà evidente che il ricambio generazionale non c’è. A compensare subentreranno leve dal Maghreb. Il nostro è visto come un mestiere troppo faticoso, in cui si sgobba e ci si sporca le mani», dice lui che, figlio d’arte, ha iniziato a 14 anni e ancora cavalca le onde sul motopeschereccio “Simona II” assieme al fratello oltre a gestire, dal 1983, il banco numero 14 del Mercato coperto di via Castelfidardo. A far desistere i giovani romagnoli sono, a suo avviso, «i sacrifici e la fatica da mettere in conto ancora più che i pericoli, i costi del carburante o le incertezze che Madre Natura pone su ogni singola giornata».

Game over

Più che di un lavoro in declino parla «di un mestiere già bell’è che tramontato» Mattia Sferlazzo, 34enne di origine lampedusana. Anche se il pesce c’è, manca insomma chi getterà le reti. «Purtroppo la nostra è vista come una professione di cui vergognarsi e non è un mistero che, da molti anni, il segno meno sia associato alle statistiche sull’occupazione del comparto». Un abisso rispetto al passato. Stringendo il campo alla sua esperienza, una volta conclusa la scuola, ha deciso di lavorare e, arrivato alla boa dei vent’anni, ha puntato la barra sul mare seguendo le orme dei genitori che avevano un peschereccio.

Le difficoltà

«All’epoca – ricorda – assieme a me c’erano altri ragazzi ma oggi non bussa alla porta nessuno, neanche chi non si vede tagliato per lo studio». Il che rende sempre più difficile formare un equipaggio, vista la tendenza a abbandonare la nave. Quanto a lui lavora con sua sorella e conta tre dipendenti: un capitano riminese e due marinai tunisini sui 40-50 anni che hanno maturato competenze nel Paese di origine. «Non ho figli – aggiunge - ma noto che quelli dei colleghi non vogliono proseguire la missione familiare. È dura per gli adolescenti puntare la sveglia alle 2.30, l’ora in cui vanno a dormire, ma anche penare sino alle 12.30-13 tra pesce da scaricare e aste da seguire. Solo dopo pranzo c’è un margine per ricaricarsi dormendo un paio d’ore». Da qui l’ammutinamento che rischia di sabotare tradizioni antichissime dove uomini, donne e bambini erano indiscussi protagonisti, ognuno con un compito diverso: dal pulire il pesce alle vendite macinando chilometri in sella a una bici. «Non sono ritmi che si incastrano con il tempo libero – riconosce ancora il 34enne - specie per chi del mare non sa nulla e immagina che il pesce compaia magicamente sui banchi del mercato coperto». La connessione con l’ambiente, rincara, si è smarrita da tempo. Tornando al processo che vede sempre meno romagnoli al timone è iniziato, a suo avviso, nel Dopoguerra con il boom del turismo e l’arrivo dei pescatori di Lampedusa, tra cui appunto suo padre ed ora, a testimoniare il mutamento sono i numeri in quanto «su una ventina di imbarcazioni totali sono presenti solo 2 o 3 riminesi». Che i nodi riguardino i compensi, tende invece a escluderlo visto che, come specifica, lo stipendio minimo sindacale, al netto dell’età, «è di 1400 euro mensili». Una cifra che, fino a dicembre-gennaio e a seconda del pescato, può levitare in busta paga «sino a sfiorare i 2500 euro». Il silenzio della notte e il cielo stellato, contemplati vista mare, e che lui ama tanto, hanno tuttavia perso di attrattiva in un mondo in cui la realtà si guarda attraverso schermi acchiappa-like. E forse non basteranno a rilanciare il comparto ittico neppure politiche ad hoc per l’occupazione. «Inutile anche – conclude - varare istituti professionali incentrati sull’economia del mare se prima non si cambia la mentalità comune».

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui