Rimini. Giulio Lolli scagionato definitivamente dall’accusa di terrorismo

Giulio Lolli non è mai stato un terrorista. Anzi, l’imprenditore di origini bertinoresi, ha combattuto l’Isis come comandante di unità della polizia marina di Tripoli. Lo ha ribadito la prima sezione della Corte di Cassazione che ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato dalla Procura generale di Roma contro l’assoluzione dall’accusa di terrorismo nel processo d’appello che aveva ridotto da 9 a 4 anni la pena. In appello era stato riconosciuto colpevole “solo” di traffico internazionale d’armi per trasporti che, ribadisce il suo difensore in questa delicata partita, l’avvocato Claudia Serafini, sono stati fatti con il Mephisto, imbarcazione portata dalla darsena di Rimini al porto di Tripoli e poi venduta.

La nuova vita. Ma non è l’unica importante novità nella vita dell’ex patron della Rimini Yacht che è in attesa anche della rideterminazione della pena a 4 anni e 6 mesi inflitta dal Tribunale di Rimini per la bancarotta fraudolenta della società. Giulio Lolli, infatti, dopo aver vinto due premi letterari con il manoscritto con cui racconta le “sue” prigioni in Libia e che sarà oggetto probabilmente di una serie televisiva, da questa estate è diventato un super testimone della Procura del Tribunale internazionale dell’Aia che indaga sui crimini di guerra e le violazioni dei diritti civili nelle carceri libiche.

Per ben due giorni, il 5 e 6 giugno scorsi, i magistrati del tribunale con sede all’Aia lo hanno incontrato nel carcere della Dozza a Bologna dove attualmente è detenuto, sempre alla presenza dell’avvocato Serafini: la partita Rimini Yacht, invece, l’ha sempre affrontata assistito dall’avvocato Antonio Petroncini del Foro di Bologna.

«La sua testimonianza è ritenuta di fondamentale importanza, un caposaldo, dell’inchiesta aperta dal Tribunale internazionale. I racconti fatti dal mio assistito spaziano dalle torture cui ha visto sottoposti migliaia di profughi, alle condizioni disumane delle celle come la sua, dove era tanto l’affollamento da costringere i detenuti a fare i turni per dormire».

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