Rimini. Fugge con l’amante e denuncia l’ex, la sentenza dopo 7 anni: accuse false

Sette anni. è il tempo che ha dovuto aspettare un padre per vedere riconosciuta la sua integrità morale anche dal tribunale penale di Rimini. Cosa già fatta dalla sezione Civile che ha affidato all’uomo i figli rimasti con lui anche durante tutto il processo, respingendo la richiesta di affidamento esclusivo avanzata dall’ex compagna. Un cumulo di falsità quelle dette dalla donna che il Tribunale ha condannato, caso rarissimo, al pagamento delle spese legali dell’imputato. Il suo legale aveva chiesto il risarcimento danni e una provvisionale di 30mila euro.

La storia

Era il 2017 quando la signora riminese, dopo aver lasciato la casa della famiglia per trasferirsi a vivere in un altro appartamento con un nuovo compagno ed aver chiesto l’affidamento dei figli, ha presentato una denuncia nei confronti del padre dei bambini, sostenendo che lei e i figli minori fossero stati costantemente maltrattati dal 2006 fino a quel giorno.

Sulla base delle denunce-querele l’uomo, difeso dall’avvocato Roberto Brancaleoni, è stato mandato a giudizio con l’accusa di maltrattamenti in famiglia aggravati (reato che prevede una pena fino a 10 anni di reclusione ) per avere, tra l’altro, «tenuto costantemente atteggiamenti vessatori», «malmenato più volte la compagna anche in presenza dei figli», «costretto le persone offese a vivere costantemente chiusi in casa, anche con le tapparelle abbassate, in uno stato di isolamento assoluto», «incusso ai bambini uno stato di terrore in occasione di qualsivoglia aspetto della loro vita quotidiana», tolto alla compagna «ogni libertà personale o d’espressione, con una concreta volontà di mortificare e sopraffare la donna», «costringendola anche a lasciare il lavoro».

Cumulo di falsità

L’imputato, che dal primo giorno ha contestato ogni accusa sostenendo trattarsi di una macchinazione della donna per giustificare il tradimento e portargli via i figli, ha chiesto di sentire in dibattimento ben 41 testimoni (amici, insegnanti, parenti, vicini di casa, genitori dei compagni di scuola dei bambini, pediatra dei figli, ecc...) che hanno testimoniato della vita assolutamente libera e normale della donna e dei bambini, senza limitazioni di alcun tipo, e del comportamento attento e premuroso del padre verso i bambini. Addirittura alcuni testi hanno riferito che la donna, dopo essersi trasferita in altra casa a vivere con l’amante, aveva cessato le utenze domestiche a lei intestate, lasciando l’uomo e i figli al gelo in pieno inverno.

La difesa ha portato al giudice anche quattromila documenti (tra fotografie, video, lettere, pagelle, cartoline, ecc.) che dimostravano l’opposto di quanto dichiarato dalla denunciante e l’assoluta normalità della loro vita.

La sentenza

Dopo un dibattimento durato quasi 5 anni, il Tribunale ha assolto l’uomo con la formula più ampia «perché il fatto non sussiste» sia dall’accusa di maltrattamenti che dall’ulteriore accusa di lesioni volontarie (la donna sosteneva di essere stata mandata a sbattere contro un cancello in occasione di un litigio sempre nel fatidico 2017).

Commenta l’avvocato Roberto Brancaleoni: «Il Codice Rosso è certamente uno strumento importante che deve servire a tutelare pienamente le vere vittime di violenza. Bisogna però porre massima attenzione a non consentire che diventi un facile strumento di rovina della vita di persone innocenti. La presunzione di innocenza è sacra e non può essere mai limitata e dimenticata per nessun motivo».

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