Rimini. Dopo 64 anni Giovannina chiude il market a Viserba: “Scelta sofferta”

Dopo 64 anni lo storico supermercato di Viserba ha chiuso i battenti. Nonna di tre nipoti (Alessandra, Francisco e Stefano) e bisnonna di Zoe che è nata il suo stesso giorno, il 3 dicembre, ma a distanza di 81 anni, l’86enne Giovannina Tommassoni rappresenta un pezzo della storia di Viserba. La sua insegna si è spenta fra l’amarezza generale perché per decenni ha offerto anche un punto di ritrovo a km zero tra cocomerate, chiacchiere e tavolate a cielo aperto.
Perché avete deciso di chiudere?
«Oramai era impossibile fronteggiare le spese. Mi sarebbe piaciuto affidare il testimone a un giovane ma quando si parla di attività a conduzione familiare nessuno si arrischia al salto nel buio. Chiudere la saracinesca è stata una scelta sofferta, un pezzo del mio cuore è ancora lì».
Com’è cominciata la sua avventura imprenditoriale?
«Mi sono trasferita a Viserba per amore del marito. Era il 1961 quando ho aperto l’attività in via Cavaretta per poi spostarla dopo sei anni in via Pinzi dove nel tempo ho assemblato tre locali per un totale di 90 metri quadri. Sull’insegna campeggiava la scritta Alimentari che poi è divenuta Margherita e infine Crai. D’estate mi aiutava mio marito, Luigi Dellachiesa. All’epoca avevamo due bambini, l’uno di 6 e l’altro di un anno. A scuola ci andavano da soli e i compiti li sbrigavano al bancone. La mia sveglia suonava alle 4, una mattina lavavo i panni e quella seguente stiravo. Dopodiché mi recavo in negozio dove restavo 12 ore al giorno. Fortuna vuole che ho sempre amato il mio mestiere per il quale occorre una generosa dose di pazienza. Quando ho deciso di ritirarmi sono subentrati mio figlio Davide e mia nuora, Roberta Hatfull che mi affiancavano da molto».
Il prodotto più richiesto?
«Tanti panini imbottiti visto che allora le scuole medie sorgevano nei pressi del mio negozio. In seguito abbiamo allargato il tiro spaziando dalle primizie ai prodotti per l’igiene e la pulizia della casa. Eravamo famosi per gli affettati ma anche per la frutta fresca, la verdura di prima qualità e i latticini di Cesena. E quando mancava qualcosa, salivo sulla mia Vespa sfrecciando verso Rimini».
Un identikit dei clienti?
«Varcavano la soglia viserbesi doc a cui d’estate si aggiungevano schiere di turisti giunti in prevalenza da Milano e Torino. Non mancavano i tedeschi accompagnati da un connazionale su un torpedone che faceva la spola una volta a settimana. Al momento dei saluti acquistavano di tutto: salumi, vini e specialità da regalare ai parenti. Li serviva mio marito e ancora oggi non so come facessero a comunicare. Un’epoca, quella degli anni d’oro della riviera, che non tornerà più. Chi arrivava spendeva cifre folli per riempire il frigo delle seconde case, con scontrini da 80mila lire alla volta. Le ceste di pane poi erano prese d’assalto. Bastava chiedere e consegnavamo la spesa sino a casa. Lavorando sodo per vent’anni siamo riusciti a comprarci un appartamento ma i sacrifici sono stati tanti: non avevamo il vestito della domenica né un secondo paio di scarpe».
Cos’è cambiato oggi?
«Sono scomparsi tanti anziani e i giovani prediligono il centro commerciale, salvo passare nei negozi di prossimità per un panino al volo. Si cucina sempre meno, per mancanza di tempo, vivendo di surgelati e pasti già pronti. La freschezza non fa più la differenza. I carboidrati poi sono diventati un’eresia: negli ultimi tempi vendevamo a stento 8 chili di pane al giorno».
Quali conseguenze ha comportato la chiusura del suo negozio?
«Grosse difficoltà per le persone anziane che per un etto di mortadella buona devono recarsi a Viserba Monte. Resta anche un po’ di malinconia perché si è spento un punto di socializzazione dove le chiacchiere erano le benvenute mentre i pettegolezzi venivano messi al bando. Si parlava di tutto, anche di politica ma senza toni astiosi. Negli anni ho visto crescere almeno 4 generazioni di viserbesi e fra donne ci scambiavamo consigli e incoraggiamento reciproco».
Mai organizzato momenti di convivialità?
«Mio marito offriva ai clienti il cocomero che gustavamo tutti insieme sul marciapiede. Con l’arrivo della bella stagione allestiva anche delle tavolate. Con il supporto di paio di cuochi e una piccola cifra a persona chiunque poteva passare una serata indimenticabile sotto le stelle».