Rimini. Dazi Usa, l’esperto: “Agli imprenditori dico: non fasciatevi la testa prima, i vostri prodotti di qualità sono sempre ricercati in America”

«Agli imprenditori riminesi dico: non fasciatevi la testa prima. I vostri prodotti di qualità sono sempre ricercati in America. Perché non trovano concorrenza. E prodotti made in Usa sostitutivi non è detto che siano sempre disponibili». Lucio Miranda, titolare di Export Usa, società specializzata negli investimenti da effettuare in America, con uffici a Rimini e New York, sdrammatizza sul “panico” creatosi nel comparto dell’export dopo i dazi al 15% annunciati da Trump. E consiglia gli imprenditori a guardare su un’ottica di lungo termine «perché l’alta qualità dell’abbigliamento, dei prodotti alimentari, della cosmetica e dei macchinari per alimenti, che sono i punti di forza della produzione riminese, non credo che in America sia la stessa: il prodotto eccellente viene sempre acquistato, anche a prezzi più alti». Prezzi più alti, appunto. Anche se, secondo Miranda, non è automatico che un aumento delle tasse doganali del 15% si traducano, poi, per il cliente finale, in un aumento dei prezzi del 15%. «Certo che no – conferma il manager riminese -. Intanto, perché il valore del dazio sarà, molto probabilmente, assorbito in parte dell’esportatore, abbassando il prezzo di vendita del prodotto, in parte dall’importatore statunitense, che a sua volta lo venderà al cliente finale ad un prezzo ulteriormente ribassato. Per cui si potrà ipotizzare un impatto medio sul prezzo al consumo compreso, presumibilmente, tra il +5% e il +10%. Sopportabile, quindi, dal consumatore americano, non solo da quello alto spendente, ma anche da quello medio spendente, dalla cosiddetta classe media».
Al contrario di quanto ipotizzato, in queste settimane, da molti economisti italiani, che hanno parlato, invece, di un indebolimento della classe impiegatizia e operaia americana provocato dall’aumento dell’inflazione. «Io sono abituato a parlare coi numeri – commenta Miranda – E i numeri, ad oggi, dicono che, negli Stati Uniti, le vendite al dettaglio, al giugno 2025, hanno registrato un aumento dello 0,6% rispetto al mese precedente (maggio) e, addirittura, di un +3,9% sul giugno 2024. Non mi sembra una classe media indebolita e in sofferenza».
Ma non finisce qui. Perché l’imprenditore e conoscitore del mercato delle esportazioni, dopo aver analizzato l’impatto sulla domanda interna americana, entra, poi, nel merito dell’eventuale ricaduta che la politica doganale trumpiana, accolta con una stretta di mano dalla commissaria europea Von der Leyen, potrà avere sulle aziende riminesi. Un esempio i dati resi noti dall’osservatorio della Cna Rimini secondo cui i dazi al 15% potranno provocare nel territorio «una contrazione dell’export verso gli Usa del 30-35%, per un danno economico che si potrà attestare sui 60 milioni di euro l’anno». Senza considerare l’analisi fatta dal sindaco Sadegholvaad sul mercato agroalimentare: «L’export agroalimentare della Romagna verso gli Usa – aveva detto, qualche giorno fa, il primo cittadino - vale ogni anno circa 170 milioni di euro, 95 dei quali solo per la provincia di Rimini. È chiaro che l’accordo tra Stati Uniti e Unione Europea sui dazi rischia di colpire in maniera pesante i nostri produttori, soprattutto di vino e olio». Conclude Miranda: «Sarebbe opportuno che gli elementi alla basa della contrazione dell’export del 30-35% venissero resi noti: potrebbe essere un ottimo elemento di studio. Soprattutto se fatto in relazione all’elasticità della domanda sul prezzo. E chiedo: questo studio tiene conto di questa elasticità? Perché alcuni enti indipendenti americani che hanno fatto analisi su alcune categorie merceologiche nel comparto alimentare in passato sono arrivati a stimare un’elasticità della domanda al prezzo compresa tra lo 0,7 e l’1,5. Un parametro che, sulla base di quanto detto, potrà portare ad un calo della domanda compreso tra il 7% e il 14% circa».