Rimini, "comprarono" la patente nautica. Quattro condannati

Rimini

RIMINI. Due anni di reclusione ciascuno. È costata caro a quattro imputati (uno non potrà beneficiare della sospensione condizionale della pena) finiti a processo davanti al Tribunale di Rimini l’avere conseguito la patente nautica senza neppure sostenere l’esame (altri due accusati sono stati assolti per non aver commesso il fatto). Secondo l’accusa i diportisti avrebbero pagato delle delle mazzette per ottenere, senza sforzo, il permesso di guidare natanti fino a ventiquattro metri anche in mare aperto. Cifre variabili che andavano da poche centinaia di euro fino ai 13mila versati da un imprenditore pesarese. Per gli episodi corruttivi è scattata la prescrizione, mentre è rimasta in piedi l’accusa di falsità materiale commessa in concorso in atti pubblici commessa in concorso con il pubblico ufficiale.

All’inchiesta del pm Davide Ercolani e dei carabinieri, esplosa nel 2015 con gli arresti due marescialli della Capitaneria di Porto (uno in servizio a Rimini, l’altro in pensione) collaborarono anche i vertici della Guardia costiera di Rimini. Sia il primo maresciallo sia l’ex luogotente nel frattempo hanno chiuso i conti con la giustizia. Stando alle indagini i due militari, entrambi pugliesi e amici di vecchia data, avrebbero attestato il superamento dei test orali e scritti per l’ottenimento della patente nautica oltre le 12 miglia. Un meccanismo che andava avanti almeno dal 2006, che ha portato nelle loro tasche qualche migliaia di euro, venuto alla luce solo nel 2012. In quell’anno l’allora presidente della Cooperativa Pescatori di Cattolica, dovendo commutare il titolo di guida professionale in patente nautica da diporto, si rivolse alla Capitaneria di Rimini e dovette vedersela con il maresciallo. Fu lui a sollevare delle obiezioni pretestuose su presunte irregolarità, superabili attraverso il pagamento sottobanco di 400 euro. Per tutta risposta il presidente si rivolse ai carabinieri. Le indagini risalirono poi al collega “pesarese” che aveva sparso la voce per poi incassare la percentuale quando riusciva ad agganciare aspiranti “lupi di mare” della sua zona e indirizzarli a Rimini per l’esame farsa (qualcuno, il giorno del test, non si era neppure mosso da casa). I diportisti coinvolti ammisero di avere “comprato” le proprie patenti nautiche.

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