Rimini. Cgil: “Modifiche sulla Naspi, mannaia sul turismo”

«Ci si continua a lamentare che manca manodopera, che mancano lavoratori, ma ora, con la nuova legge di Bilancio, cala un’ulteriore mannaia sui lavoratori stagionali». Francesco Guitto, segretario generale Filcam Cgil, ne è certo: la modifica introdotta alla Naspi per il 2025 non faciliterà l’incrocio tra domanda e offerta, soprattutto per quanto riguarda il mercato del lavoro stagionale. A partire da gennaio 2025, i lavoratori che si dimettono volontariamente da un impiego e che nei successivi 12 mesi trovano una nuova occupazione dovranno maturare almeno 13 settimane di contribuzione presso il nuovo datore di lavoro per poter accedere alla Naspi in caso di licenziamento. Questa modifica, nelle intenzioni del governo volta a contrastare gli abusi nell’accesso alla Naspi, «introduce una significativa limitazione per chi, dopo aver legittimamente cambiato lavoro, si ritrova disoccupato prima di aver maturato il periodo minimo di contribuzione».
Guitto, un esempio pratico?
«Immaginiamo una donna che alle a 2025 si dimette o risolve consensualmente il contratto per iniziare la stagione estiva. Presenta le dimissioni e il 12 giugno 2025 viene assunta da un albergo o da un ristorante, occupandosi nel turismo per per 10 settimane. Ebbene al termine della stagione, che immaginiamo possa essere breve, non avrà diritto alla disoccupazione Naspi, perché non ha lavorato 13 settimane».
Quante persone a Rimini percepiscono attualmente la Naspi?
«Considerando sia le persone che hanno inoltrato la richiesta tramite i nostri uffici, circa 3.700 stagionali, che quelli che lo hanno fatto autonomamente o rivolgendosi ad altri sindacati, possiamo stimare che a Rimini attualmente percepiscano la Naspi tra le 7mila e le 8mila persone».
Secondo il sindacato, in che modo avrà un effetto penalizzante sul mercato del lavoro?
«La riforma rischia di avere un effetto penalizzante su chi decide di cambiare occupazione o si trova costretto a farlo. Ad esempio perché a inizio stagione si accettano contratti con condizioni di lavoro che nel prosieguo si dimostrano inesistenti, oppure ci si accorge che quanto pattuito con il datore non viene rispettato o che viene richiesto di lavorare di più ore di quanto previsto da contratto. Ecco con questa modifica, il lavoratore che cambia impiego, se poi non raggiunge le 13 settimane, non avrà diritto alla Naspi. In un contesto economico e occupazionale già complesso, la misura potrebbe contribuire a ingessare il mercato del lavoro del turismo stagionale, scoraggiando la mobilità, penalizzando chi cerca di migliorare la propria condizione lavorativa e limitando le persone disponibili ad occuparsi nella stagione. Quello che appare stridente è che tra le numerose questioni irrisolte che distorcono il mercato del lavoro stagionale nel turismo (demografia, retribuzioni, politiche attive, politiche passive) il governo ha scelto di restringere ancor di più i diritti proprio per gli stagionali».
Anche per quest’anno si preannunciano problemi per hotel e ristoranti a reperire personale?
«Sì, decisamente. La caccia allo stagionale inizia adesso, ma le previsioni per la prossima estate non sono diverse da quelle degli ultimi anni, e, anzi, con questa novità le cose non possono che peggiorare. Trovare lavoratori sarà sempre più difficile, anche perché mi chiedo per quale ragione un ragazzo o una ragazza, viste le condizioni attuali, dovrebbe investire nel turismo, che è un settore dove non ci sono garanzie. La tendenza a trasmigrare verso altri settori, ad esempio quello dell’industria, è molto marcata in questo momento. Non è un caso che secondo noi sindacati, per il turismo e il lavoro stagionale ci vorrebbero degli ammortizzatori sociali specifici».
Ad esempio?
«La Naspi al momento è riconosciuta per la metà del tempo per il quale si è lavorato. Per noi dovrebbe essere garantita almeno per il doppio, invece. Ma servirebbero anche corsi di formazione per fare sì che il personale del settore servizi sia qualificato e migliorare il sistema di incrocio tra domanda e offerta, per evitare che i lavoratori accettino impieghi in nero, fenomeno che resta sempre molto diffuso nel nostro territorio».