«Sono decenni che quel campo nomadi è lì, in via Islanda. Nel totale immobilismo delle varie amministrazioni comunali di centrosinistra che si sono succedute negli anni. Eppure un modo ci sarebbe per chiuderlo, per sistemare le persone presenti seriamente meritevoli di aiuto, e per ripristinare l’area a parcheggio pubblico». Loreno Marchei, consigliere della Lega, torna su un argomento molto delicato per Rimini e lancia la sua proposta «che potrebbe, finalmente, azzerare un problema annoso definito, fino a qualche anno fa, la “vergogna di via Islanda”». «Lo proposi da membro del comitato cittadino e lo rilancio da rappresentante eletto in Consiglio comunale – sottolinea Marchei -. Per cancellare quell’insediamento abusivo di roulotte si potrebbe studiare un progetto di housing sociale, simile ad alcuni di quelli avviati dall’assessore Gianfreda per le famiglie più bisognose».
Il rispetto delle regole
Il leghista entra, quindi, nel merito della proposta. «Il Comune – spiega - attraverso gli strumenti già usati per altre fragilità, dovrebbe individuare alcune case popolari in vari quartieri cittadini dove collocare le famiglie nomadi, tutte non solo quelle sinti, garantire un lavoro col quale mantenersi e pagare l’affitto a canone calmierato, e controllare costantemente la loro avvenuta inclusione sociale, compresa l’iscrizione a scuola dei figli. Il tutto nel rispetto della massima legalità, pena la perdita dell’abitazione».
Housing sociale al posto dell’ipotesi, poi tramontata, delle microaree. Di quella vecchia proposta formulata, nel 2016, sull’onda di una direttiva Ue del 2015 che prevedeva la rimozione dei campi nomadi da tutte le città europee, dall’allora assessora ai Servizi sociali e vice sindaca Gloria Lisi (ora all’opposizione dell’amministrazione Sadegholvaad), che scatenò così tante proteste, manifestazioni cittadine, assemblee pubbliche, che alla fine, nel 2019, vista la pressoché totale contrarietà dei riminesi, il Consiglio comunale, gruppo Pd compreso, bocciò definitivamente. Bocciatura figlia, anche, di diversi dissidi interni al gruppo Dem sulle zone dove collocare le casette prefabbricate destinate alle famiglie sinti di via Islanda («perché poi questa discriminazione etnica da parte dell’allora amministrazione: sinti sì, romeni presenti in via Islanda no, ad esempio, non l’ho mai capita»), che erano stato individuate in via Cupa (a Corpolò), via Feleto (vicino al Classic), via della Lontra, (Grotta rossa), via Montepulciano (Gaiofana) e via Orsoleto (Viserba monte).
I problemi di sicurezza
«Da allora – puntualizza Marchei – da quel no del Consiglio al “piano Lisi”, sul problema campo nomadi è precipitato un silenzio tombale, nonostante quelle famiglie, circa trenta-quaranta persone in tutto, continuino a stazione nel parcheggio pubblico tra scarsa igiene e pericoli continui». Problemi di sicurezza, dunque, che, sette anni fa, l’allora giunta Gnassi intravide come motivo di avvio del progetto delle microaree. E che emersero in tutta evidenza dopo un’ispezione Ausl e un controllo, con tanto di verbale, dei carabinieri «in cui – ricorda Marchei - venivano denunciate tutta una serie di irregolarità presenti nel campo che andavano dai fili elettrici scoperti, alle bombole del gas custodite all’aperto e alla portata di tutti, fino al degrado e alla sporcizia». «Sono passati anni, nessuno ne parla, eppure il campo nomadi è sempre lì, in via Islanda», chiosa l’esponente della Lega.