Rimini. Buoni pasto, gli infermieri: “Diffida all’Ausl, rivogliono i soldi”
Infermieri, il sindacato diffida l’Ausl sul recupero quote del buono mensa. Avanzata inoltre la richiesta di eliminare i limiti di orario per l’utilizzo e di rendere i buoni cumulabili e di maggior importo. Una battaglia per i diritti dei lavoratori, quella condotta da Nursind, su cui fa il punto Lino d’Urso, legale rappresentante dell’organizzazione sindacale nell’ambito di Rimini e Cesena.
D’Urso, quanti lavoratori sono interessati dalla questione?
«L’annoso problema della mensa comprende tutti i dipendenti, nello specifico oltre 8mila infermieri. Negli ultimi anni è tuttavia più sentito, forse perché non godendo di aumenti stipendiali, rivalutati in base al caro vita, ci si attacca dappertutto».
Segnalate da tempo la criticità?
«Mandiamo costantemente note sia come sigla sindacale che come Rsu Aziendale ma tutti fanno orecchie da mercante».
Nello specifico qual è l’oggetto del contendere con Ausl?
«Molte aziende sia pubbliche che private forniscono ai propri dipendenti il servizio mensa al termine o durante il turno di lavoro. L’Ausl Romagna, invece, da anni mantiene un atteggiamento discriminatorio nei confronti dei propri dipendenti riguardo la possibilità dei buoni pasto».
Ovvero?
«Mi spiego meglio, il decreto numero 66 del 2003, all’articolo 8, dice che al dipendente dopo le 6 ore di lavoro spetta il diritto alla mensa o all’uso di buoni pasto da consumare nei locali convenzionati con l’Ausl. Di fatto questa norma è disattesa in quanto l’Azienda ha sempre predisposto regolamenti per l’utilizzo della mensa che creano, intenzionalmente, limitazioni all’impiego del buono pasto».
In che modo?
«Il regolamento cita delle fasce orarie dove si può usare il buono pasto. Fasce identificate, guarda caso, con gli orari di apertura della mensa interna all’ospedale».
In cosa si traduce questa finestra temporale?
«In una limitazione all’utilizzo poiché in molte occasioni non si riesce a rispettare l’orario per vari problemi, dalla gestione di figli minorenni ai ritardi nel fine turno per esigenze di servizio».
Altri scogli?
«Sollecitata più volte a considerare anche il personale che smonta dalla notte, l’Ausl ha inserito nel regolamento una fascia oraria che va dalle 6 alle 9 del mattino. Va considerato che alle 6 non smonta nessuno dal lavoro, bensì dalle 7 in poi, si tenga presente inoltre che molti dipendenti si trovano a dover accompagnare i propri figli a scuola».
Perché avete lanciato la diffida contro Ausl?
«Da qualche giorno l’Azienda ha inviato una circolare a tutti i dipendenti dove si richiederanno indietro le somme dei buoni (4,13 euro) a quanti ne hanno usufruito senza rispettare le fasce orarie imposte, che di fatto, non trovano corrispondenza con tutti gli articoli di legge che regolamentano questa tutela del lavoratore. Oltre al danno la beffa, dunque. Infatti non vi è un solo articolo, comma o postilla dove si dica che il diritto alla mensa ha delle fasce orarie da rispettare oltre il raggiungimento delle 6 ore di lavoro. Chiediamo inoltre la possibilità di cumulare i buoni e di aumentare il loro valore economico. Ma c’è dell’altro».
Prego.
«Aggiungo che la Regione eroga a tutte le proprie aziende le somme del buono pasto per tutti i dipendenti senza creare limitazioni di sorta. Ogni giorno per l’Azienda della Romagna la Regione versa una somma di circa 70mila euro, solo per la mensa, che moltiplicati per 365 giorni supera i 25 milioni di euro. Facciamoci qualche domanda. Per completezza, segnalo che il nostro sindacato Nursind ha portato l’Azienda in tribunale per la mensa, abbiamo affrontato il 1° grado e siamo in attesa che il giudice depositi la sentenza a giorni».
Una soluzione percorribile?
«L’unica possibile, senza contrastare le leggi che regolamentano il servizio mensa, è fornire un carnet di buoni pasto ai dipendenti in base alle effettive giornate di lavoro che possono a loro volta usufruirne al bisogno come i dipendenti comunali o le forze dell’ordine».
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