Rimini. Accusato di avere violentato una paziente sotto ipnosi, chiesti 9 anni di carcere per uno psicologo

Nove anni di reclusione, questa la richiesta di condanna avanzata dal sostituto procuratore Davide Ercolani al termine di un pesante requisitoria contro uno psicologo accusato di violenza sessuale su una paziente sottoposta ad ipnosi. Giovedì, durante l’udienza al Tribunale collegiale di Rimini, nel processo a carico del professionista, il pubblico ministero, Ercolani ha chiesto la condanna a 9 anni (nella precedente udienza aveva contestato un nuovo capo di imputazione inerente la relazione medico paziente), mentre il legale dell’imputato, l’avvocato Stefano Della Valle del Foro di Ravenna, ne ha chiesto l’assoluzione. Per quello che sarebbe - come detto in aula dalla difesa - un processo puramente indiziario, quindi senza prove scientifiche. La vicenda risale alla fine del 2019, quando la presunta vittima, 25 anni, aveva presentato una dettagliata denuncia nei confronti del suo terapeuta accusandolo di abusare di lei durante le sedute. Secondo il racconto della parte offesa, che si è costituita parte civile, con l’avvocato Rita Nanetti del Foro di Bologna, sono due le sedute nel corso delle quali il professionista, usando tecniche di iperventilazione, digitopressione e anche ipnosi, avrebbe abusato sessualmente della giovane.
Il risveglio di coscienza
Secondo il racconto della ragazza, che comunque dice di ricordare se stessa come in un sogno, lo specialista l’avrebbe costretta a praticare sesso orale mentre era in una sorta di impossibilità alla reazione. Consapevole in certo senso di ciò che avveniva ma incapace di opporre resistenza. Le violenze insomma sarebbero accadute sotto ipnosi e la vittima ne avrebbe preso coscienza pienamente solo al momento di andare all’appuntamento per la terza seduta. Probabilmente la consapevolezza di dover rivedere lo specialista, aveva innescato la reazione e la resistenza della vittima. Di conseguenza, in una sorta di risveglio di coscienza la ragazza era andata a raccontare tutto ai carabinieri. Nel corso dell’indagine partita subito con l’ipotesi di reato di violenza sessuale, era emersa una ricostruzione dettagliata degli incontri con il terapista. Nel corso delle indagini preliminari, la ragazza era stata inoltre sottoposta a perizia psichiatrica. La Procura aveva nominato un consulente che aveva esaminato lo stato della giovane in relazione alla sua attendibilità. Era così emerso che ciò che aveva raccontato non era stato un sogno, ma circostanze realmente avvenute. Secondo la ricostruzione dell’esperto della Procura era tutto vero, ma in quei momenti la ragazza si trovava in condizioni di inferiorità psichica, in quanto lo psicoterapeuta le aveva inibito la possibilità di essere consapevole di quello che le accadeva, e quindi non era certo in grado di essere consenziente. La sentenza di primo grado è attesa per la prossima udienza fissata al 10 ottobre.