Rimini. A processo per stupri e violenze sulla figlia minorenne. La testimonianza di una sorella ribalta le carte

Colpo di scena nel processo che vede imputato un 50enne rumeno residente a Rimini, accusato di violenza sessuale nei confronti della figlia oggi ultra 25enne (all’epoca dei fatti però minorenne) e di maltrattamenti anche verso gli altri due figli, uno più grande e una più piccola. Proprio quest’ultima, ieri, nell’udienza in rito abbreviato condizionato davanti al gup Raffaele Deflorio, è comparsa a sorpresa per ritrattare quanto da lei in questi anni dichiarato nel corso del procedimento durante il quale (insieme alla madre poi deceduta) aveva negato ogni tipo di violenza e maltrattamenti subiti dai fratelli. Anzi, imputando a loro la colpa di voler solo incastrare il genitore e smentendo quindi la sorella più grande, difesa dall’avvocato Aidi Pini, che per prima denunciò il padre. La giovane in aula ha così raccontato di essere stata costretta da lui a mentire, sotto la minaccia di essere uccisa, ammettendo poi di essere stata anche lei negli anni vittima di maltrattamenti.

Dichiarazioni pesanti che hanno inevitabilmente cambiato le carte in tavola del processo. Il pm Davide Ercolani, al termine della discussione, ha chiesto 12 anni di reclusione per il 50enne. Il gup ha poi rinviato il processo alla prossima settimana dove a parlare sarà la difesa, rappresentata dalla legale Morena Ripa, prima dell’attesa sentenza.

L’incubo in famiglia

Una triste storia fatta di violenze sessuali, offese e maltrattamenti iniziati tra il 2010 e il 2013 quando l’uomo avrebbe abusato più volte della figlia nata. E se si rifiutava erano botte e schiaffi. Negli anni poi costrinse lei e la madre ad attività di accattonaggio, mentre aggrediva e minacciava la figlia se non si allineava al suo volere, arrivando a palpeggiarla durante una lezione di guida. Una volta la giovane, esasperata, provò a fuggire di casa, ma quando il padre scoprì che si stava recando da un’amica a Prato la contattò e minacciò i familiari di non ospitarla dicendole frasi come “Se lo fai di nuovo ti ammazzo”, proibendole poi di uscire e utilizzare il telefono per due anni. Quando compì 20 anni le comprò uno smartphone, costringendola però a condividere le password così da controllarla. Arrivò perfino a colpirla su una guancia quando scoprì che aveva un fidanzato, impedendole di andare a scuola. E durante un’altra aggressione le ruppe gli occhiali da vista provocandole un ematoma sull’occhio. Alla fine, però, la giovane trovò la forza per fuggire, contattando un Centro antiviolenza che tramite la questura nel 2022 la prelevò da casa per ospitarla in una struttura dove rimase per due anni. Violenze alle quali non fu risparmiato nemmeno il figlio, il primo a lasciare casa. “Sei un drogato e un ritardato” gli proferiva quando non faceva quello che voleva lui, colpendolo anche al volto. Il padre, oggi libero, dopo la denuncia venne arrestato e, in seguito, grazie anche alle dichiarazioni a suo favore rese dalla figlia più piccola e dalla moglie, scarcerato e posto ai domiciliari. Ora però l’incubo per i tre fratelli potrebbe essere davvero finito.

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui