Riccione. Massacrato da una baby gang in piazzale Roma. Il racconto del ragazzo: “Salvato da un carabiniere”

Insulti, calci e pugni in faccia, una sedia lanciata addosso, venendo accerchiato da una dozzina di ragazzini mentre lui si trova solo, seduto in piazzale Roma, per guardare il mare al termine di una lunga giornata di lavoro.
E’ il prezzo di una sigaretta, quella che Aron Belfky, 25 anni, origini tunisine, ha rifiutato di dare alla baby gang che il sabato sera della scorsa settimana ha avuto la sfortuna di incrociare la sua strada.
«Ho iniziato a gridare, a chiedere aiuto. Mi sono reso conto che non avrei potuto fare nulla, erano in troppi, tutti contro di me». La fortuna di Aron, che vive a Riccione da circa 13 anni , è stata che in un piazzale Roma quasi deserto passasse proprio in quel momento «un uomo che ho scoperto essere un carabiniere fuori servizio. Si è messo in mezzo e mi ha salvato, mentre altri ragazzi avevano iniziato a urlare al branco di “mollarmi”».
La baby gang
Aron non ha dubbi che i ragazzini che lo hanno accerchiato e aggredito non abbiano più di 18 anni «la maggioranza stranieri, e c’era anche una ragazza - racconta - sentivo che parlavano in arabo, ma non riuscivo a capire bene cosa dicessero. Ho carpito solo qualche insulto. Ero più concentrato sul pensare a cosa fare, mentre vedevo loro che invadevano sempre di più il mio spazio vitale». «Dopo il primo rifiuto, alla prima richiesta di far fare loro “un tiro” - spiega, ripercorrendo le tappe della serata - loro se ne erano andati e io avevo chiamato i carabinieri, chiedendo aiuto perché mi ero molto spaventato. Ma non avendo pattuglie disponibili, non hanno mandato nessuno, però il carabiniere è rimasto al telefono con me». E finché Aron è stato in contatto con i militari, il “branco” è stato alla larga. Ma nel momento in cui la telefonata è cessata, i ragazzini si sono ripresentati, più determinati che mai, avvicinandosi sempre di più. «Ho preso in mano il mio skateboard, cercando di posizionarlo come uno scudo tra me e loro, ma quando ho fatto notare che si stavano avvicinando troppo sono partiti i pugni. Me li sono trovato tutti addosso, compresa una sedia di legno che uno si era portato dietro e mi ha lanciato». Tre minuti di terrore in cui Aron ha preso a urlare a gran voce fino a quando non è arrivato il carabiniere lì per caso durante una serata con gli amici che ha disperso la baby gang e chiamato i colleghi che si sono subito precipitati sul posto.
Perché?
Portato al Pronto soccorso, Aron è stato medicato e giudicato guaribile in una decina di giorni. Ha un occhio tumefatto e diverse escoriazioni in gran parte del corpo, ma soprattutto una grande angoscia che gli si è appiccicata addosso. «Ho 25 anni e ho paura di dei ragazzini. Non è assurdo?» si domanda ironico, spiegando di essere andato a fare denuncia il pomeriggio successivo, non appena recuperata la lucidità necessaria. «Voglio raccontare cosa mi è successo perché queste cose non capitino ad altri. E’ una settimana che non riesco a dormire, che non faccio che chiedermi perché l’abbiano fatto, che cosa li abbia spinti». «Io sono tunisino - sottolinea il ragazzo, che ha scelto di farsi assistere dall’avvocato Andrea Guidi - voglio dimostrare loro che integrarsi è possibile, che ci sono altre strade. Vorrei parlare con loro, con i loro genitori, capire perché lo hanno fatto». Aron, infatti, è convinto che sia stato solo uno sfogo, un divertimento. «Pensavo che mi avessero rubato tutto, invece non mi avevano portato via niente, né il portafoglio, né il cellulare, che mi è caduto e dei turisti l’hanno consegnato alla polizia e sono riuscito a recuperare». E il cellulare, inoltre, l’ha perso anche uno dei componenti della gang, la cui “bravata” potrebbe essere stata ripresa dagli occhi elettronici della videosorveglianza. «Vorrei incontrarli e parlare tranquillamente con loro - conclude, amaro - capire perché fanno questo alla gente».