Riccione. Lettere anonime contro il gestore del canile: autori identificati, in quattro a processo

Rimini

Scrivere 15 indirizzi con calligrafia diversa e doppi guanti in lattice, una impresa!”, : un metodo da 007 per inviare a sindaci di Rimini e Riccione, vertici Ausl, guardia di finanza, vigili del fuoco, polizia locale e vari dirigenti e autorità una serie di illazioni sulla gestione del canile della Perla Verde e in particolare sul presidente dell’associazione “K. Lorenz - E l’uomo incontrò il cane”, Massimiliano Lemmo, circa mai provate accuse di appropriazione indebita di finanziamenti pubblici e di maltrattamenti di animali ospitati nella struttura. In quattro avrebbero orchestrato nel gennaio del 2023 una campagna diffamatoria ai danni di Lemmo inviando a istituzioni e testate giornalistiche un dossier colmo di informazioni false sotto il nome fittizio di “Marco Micheli”: è quanto emerso dalle chat whatsapp analizzate dai carabinieri del nucleo forestale.

Le indagini, avviate dopo la denuncia del gestore del canile, hanno portato nella scorsa estate all’emissione di un decreto penale di condanna nei confronti di una 65enne, una 40enne, un 53enne e un 63enne, impegnati nell’attivismo animalista, in alcuni casi anche con ruoli di primo piano in importanti associazioni del territorio riminese. Un ambito, questo, nel quale sarebbe sorta la rivalità con Lemmo e la sua associazione, che ha in gestione il canile intercomunale di Riccione e di cui una delle imputate era stata dipendente prima del licenziamento. Condannati a pagare una multa di 300 euro, i loro avvocati (Mirco Renzi, Alessandro Fabbri, Luigi Santi e Milena Montemaggi) hanno presentato opposizione, innescando così l’iter che porterà gli imputati a difendersi in un processo dall’accusa di diffamazione aggravata. Dal canto suo il legale di Lemmo, l’avvocato Raffaele Morelli, promette battaglia: «Ci costituiremo parte civile nel procedimento penale che si aprirà».

Secondo quanto ricostruito dai carabinieri, i quattro avrebbero concorso a vario titolo alla diffamazione di Lemmo con l’obiettivo di screditarlo agli occhi delle amministrazioni pubbliche così da fargli perdere la gestione del canile. A tale scopo, si sarebbero organizzati scambiandosi aggiornamenti su gruppi whatsapp: conversazioni da cui emergerebbero anche le modalità di attuazione della campagna diffamatoria, con l’invio da parte della 65enne a numerose autorità, oltre che di mail, anche di raccomandate scritte “con calligrafia diversa e doppi guanti di lattice” onde evitare di rendersi riconoscibile: “Non vi dico il lavoro fatto per inviare il tutto senza impronte digitali”. Su whatsapp i messaggi inviati dai partecipanti si sarebbero spinti anche oltre, con considerazioni su Lemmo quali “Deve morire”, “Sono pronta anche a sparargli”, “L’alternativa è un sicario”. Accuse che saranno oggetto di dibattimento in tribunale a Rimini dopo l’opposizione al decreto penale di condanna, con Lemmo e il suo avvocato già pronti a chiedere un risarcimento.

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