Piscaglia: carte in regola per Rimini capitale

Rimini

L’idea lanciata dal caporedattore Rai, il riminese Giorgio Tonelli, di candidare Rimini a Capitale italiana della cultura per il 2024, non è caduta nel vuoto. Tra le tante reazioni che si registrano, tutte positive, oggi arriva anche quella di uno dei protagonisi della vita culturale cittadina da decenni, prima come dirigente dell’Assessorato e poi come titolare dello stesso nella seconda giunta Gnassi. Chi più di Giampiero Piscaglia può dire la sua, a ragion veduta, sulla questione? «Il riconoscimento del Tempio Malatestiano patrimonio dell’Unesco, e la possibile candidatura di Rimini quale Capitale della cultura per il 2024, sono percorsi sfidanti, oltre che dal punto di vista puramente organizzativo, soprattutto perché ci consentono di avere ancor più consapevolezza della strada compiuta dalla città nella direzione di togliersi le vesti di località solo balneare e di presentarsi all’Europa e al mondo come polo storico, artistico, culturale con lo sguardo proiettato in avanti. Perché se forse fino a non poco tempo fa pensare a Rimini che si avvia a grandi passi anche verso la dimensione di città d’arte poteva apparire un’eresia, oggi siamo nelle condizioni di poterci proporre senza esitazioni come un territorio capace di far leva su un patrimonio culturale di una valenza tale da essergli riconosciuta a livello internazionale».

Carte in regola

L’attacco è già promettente, ma Piscaglia aggiunge: «Non è scontato riuscire a raggiungere quest’obiettivo, ma non era neppure scontato avere le carte in regola per provarci. Rispetto al progetto per il riconoscimento del Tempio e delle terre malatestiane come patrimonio dell’Unesco, l’Amministrazione sta lavorando alla costituzione di un comitato scientifico a sostegno della candidatura. Il Tempio Malatestiano, gioiello opera del genio di Leon Battista Alberti, rappresenta la massima rappresentazione della magnificenza malatestiana, l’opera più grandiosa voluta da Sigismondo e può essere il simbolo di quelle terre malatestiane che rendono unico il nostro territorio. Un percorso di riconoscimento che viaggerà in parallelo a quello per proporre Rimini come capitale italiana della cultura, che prevede la partecipazione a un bando ministeriale, che fisserà i tempi per la presentazione della manifestazione di interesse e le linee guida per il conferimento del titolo. Una giuria definirà la short list di dieci città finaliste ammesse a partecipare alla fase finale della procedura, che avverrà attraverso audizioni pubbliche».

Identità definita

Le città premiate in precedenza, secondo Piscaglia, danno «il senso di cosa si cerchi in una “capitale” della cultura: non solo naturalmente parametri come la ricchezza di monumenti, la dotazione di spazi, di sale, ma anche la capacità dei territori di valorizzare la propria storia e di saperla reinterpretare per proporla al mondo. E sul saper ricostruirsi e reinventarsi, Rimini ha definito la sua identità da sempre. Il valore che pochi luoghi come Rimini possono vantare è dato dalle sue tante bellezze storiche, archeologiche, artistiche e paesaggistiche, ma soprattutto dalla sua capacità di fare leva sulle proprie risorse identitarie per costruire una nuova storia, dove il passato e il futuro, la tradizione e l’innovazione, la dimensione immateriale e i nuovi luoghi fisici della cultura, dialogano in una sintesi che la nostra città ha dimostrato di poter proporre con diversi risultati. Un percorso tuttora aperto e destinato ad andare avanti».

Fra il notum e il novum

Chiude Piscaglia: «La cultura è un collante vitale per la vita della comunità, ma solo a condizione che i saperi e le conoscenze sappiano sempre tradursi in cura del pensiero e della creatività, e mantenere un costante dialogo fra il passato e il futuro. La cultura poi deve sapersi tradurre in azione politica e amministrativa. Dobbiamo attrezzarci, in questo tempo in cui siamo spettatori di una rivoluzione sociale, per capire il presente e costruire il futuro. Per questo abbiamo bisogno di pensieri lunghi che mettano insieme i saperi, creino connessioni, fra il notum che è nei nostri monumenti, nelle nostre storie, e inventare quanto di novum ci viene richiesto. Vale a dire, confrontare e coniugare la lezione e l’esperienza che abbiamo maturato fino a qui con la domanda di futuro per gli anni a venire».

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