Ora sono tutti felici di questo derby

Rimini

RAVENNA. Domenica sarà la prima volta. La prima in assoluto in una partita ufficiale tra le due “prime squadre” di Ravenna e di Forlì. E’ per questa ragione che il derby tra OraSì e Unieuro è attesissimo dai tifosi? Sì, ma solo e il pensiero resta fisso sul presente. Basta fare con la memoria un piccolo salto a ritroso nel tempo, però, per comprendere che la vera ragione, forse, è un’altra. Quello di domenica sarà il derby che avrebbe potuto non giocarsi mai. Infatti basti pensare al 20 aprile 2015.

Poco più di 15 mesi fa, in quella data, i giornali si accingevano a pubblicare due notizie. La prima riguardava l’accordo raggiunto dall’Orva Lugo del presidente Giuseppe Rossi con Geremia Giroldi in qualità di direttore sportivo e di Gigi Garelli come futuro tecnico della squadra in serie B. Una notizia importantissima col senno del poi, ma alla quale, all’epoca, i tifosi di Forlì e di Ravenna non potevano dare alcun peso. La loro attenzione, infatti, era catalizzata da quanto veniva riportato a fianco. A campionato appena finito, il presidente della Piero Manetti, Roberto Vianello, annunciava l’accordo di sponsorizzazione triennale con il Gruppo Piacentini Costruzioni, facendo seguire un comunicato firmato in coppia con il direttore generale Giorgio Bottaro che annunciava la disponibilità del club a cambiare subito denominazione in Basket Romagna «per coinvolgere altre realtà territoriali e innanzitutto Forlì, sia in termini di impianti che di risorse umane, per arrivare all’obiettivo di una società cestistica espressione di un’area romagnola più vasta». Traguardo al cui perseguimento «da condividere nella visione di un modello nuovo di fare sport», veniva fatto appello agli amministratori delle due città e anche di Cesena. Sì, perché poi si sarebbe dovuto giocare un po’ a Ravenna, un po’ a Forlì e un po’ a Cesena. Insomma, ovunque e da nessuna parte.

Il progetto Romagna, che nacque e morì in un sol giorno 18 anni prima sull’asse Forlì-Rimini, tornava dunque in auge approfittando della traumatica sparizione della Fulgor Libertas di Massimiliano Boccio, della quale pochi giorni prima (esattamente l’8 aprile) il Tribunale di Forlì aveva dichiarato il fallimento. Annunciando al contempo l’apertura di un’inchiesta per bancarotta e truffa della quale tuttora si attendono gli esiti.

Forlì, quindi, era Tigers in C e stop e da mesi la coppia composta dall’assessore allo Sport Sara Samorì e dall’avvocato Riccardo Pinza lavorava ai fianchi Ravenna. In realtà, però, la trattativa non verteva affatto sulla nascita del soggetto sportivo d’area vasta, bensì sul passaggio armi e bagagli di Vianello e del suo titolo di A2.

Piano abortito quel 20 aprile con il comunicato che si disse concordato con il presidente di Lega Pietro Basciano e che, letto già sul momento tra le righe, non significava certo apertura ad un confronto. Significava chiusura totale di Ravenna a un trasferimento. Perché mai spostarsi, infatti, ora che pareva esserci lo sponsor?

E infatti bastò un giorno e si chiuse per sempre il capitolo. Fra il sospiro di sollievo delle rispettive tifoserie, ma anche polemiche e accuse tra dirigenti e politici delle due sponde. In realtà nessuno voleva la nascita del Basket Romagna. Forlì cercava solo un diritto e chi rinunciasse a nome e colori per trasformarli in biancorossi. Per trovarlo le bastò alzare il telefono e chiamare chi, per primo, si disse disposto a farlo: Rossi e Garelli. La coppia “che doveva fare la B a Lugo” e che ora gioca il derby che non ci sarebbe dovuto essere. Quello che, però, adesso sono tutti felici di giocare.

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