Conto Mazzini, il tribunale convoca 7 politici

Rimini

SAN MARINO. Quel conto da 5 milioni usato come un bancomat dai vip del Titano. Svolta nelle indagini sammarinesi: il tribunale di San Marino convoca sette politici. Tra tutti, il leader del Psd Fiorenzo Stolfi, e diversi membri dell’Upr, all’epoca esponenti di punta della Dc, tra cui i due parlamentari Giovanni Lonfernini e Gian Marco Marcucci. Convocato anche l’ex tesoriere della Balena bianca: in arrivo gli avvisi di garanzia e l’inchiesta si avvia alla conclusione.

I sette noti politici, oltre a un’ex funzionaria vicina al Psd, sfileranno tutti di fronte al giudice Simon Luca Morsiani tra oggi e domani. A loro, il commissario della legge spiegherà la propria posizione nell’ambito dell’indagine che, da due anni, cerca di far luce sui cinque milioni e mezzo di euro che, passati per un libretto al portatore intitolato a Giuseppe Mazzini e depositato all’ex Banca commerciale sammarinese, finirono in parte proprio in altri libretti poi estinti dagli stessi politici.

Collegata a doppio filo a quella “scorta” di milioni vi sarebbe, secondo il tribunale, l’acquisizione da parte di Lucio Amati del Credito sammarinese. Lui, Amati, è stato sentito proprio nelle settimane scorse da Morsiani: in quattro lunghe ore di audizione ha raccontato come avvenne l’acquisizione e a chi versò quei soldi (circa 4 milioni e mezzo). Erano tangenti “inconsapevoli”? Giallo su quella parte di denaro cambiata in dollari.

Intanto, sono già indagati (non per corruzione, ma per riciclaggio) i due ex funzionari della banca: Gilberto Canuti, ex direttore; Giuseppe Roberti, ex responsabile antiriciclaggio, considerato dagli inquirenti al centro del giro di soldi.

Gli otto convocati. Ci sono volti noti della politica sammarinese, la maggior parte dei quali ancora in “attività”, nella lista di persone che Morsiani incontrerà tra oggi e domani. Tra le fila del Psd, c’è Fiorenzo Stolfi, uomo di punta del partito, non candidato alle ultime elezioni dopo la “censura” della commissione consiliare antimafia chiamata a indagare sui rapporti tra la politica sammarinese e il clan casalese dei Vallefuoco, ma mai davvero uscito dalla scena politica. C’è Mirella Frisoni, donna vicina ai Socialdemocratici e che, secondo le indagini bancarie della polizia giudiziaria, avrebbe estinto uno dei libretti “figli” del Mazzini, per almeno 100mila euro. C’è l’ex tesoriere della Balena bianca, Ernesto Benedettini. Poi, ex democristiani in gran parte ora esponenti dell’Unione per la repubblica: Giovanni Lonfernini, Cesare Antonio Gasperoni, Gian Marco Marcucci, Pier Marino Menicucci, Remo Giancecchi.

L’indagine verso la chiusura. Le posizioni delle persone citate sono tra di loro diverse, ma solo una volta notificata la comunicazione giudiziaria e solo una volta disposti i loro interrogatori, sarà possibile per il commissario della legge dissecretare gli atti e portare l’indagine alla sua chiusura. Il nodo restano ovviamente le movimentazioni dei denari che, tra il 2004 e il 2008, partiti dal libretto Mazzini e confluiti in decine di altri libretti minori, sono finiti nella disponibilità di gran parte dei politici citati. Già: ma a che titolo, in che ruolo, e da chi hanno preso i soldi? E poi, quegli stessi soldi, che fine hanno fatto? Le somme e le destinazioni sulle quali la magistratura ha fatto luce sono tra di loro diversissime. Ci sono i libretti “Arrivederci” e “Giulio” che, figli del “Mazzini”, sono stati protagonisti di movimentazioni di denaro, in capo solo a Stolfi, per ben 745mila euro. Di contro, ci sono operatività ben minori come quelle legate a Giancecchi (assegni e contanti per circa 30mila euro), o come quella ricollegata a Menicucci (a cui farebbero capo circa 35mila euro). C’è un gruppo, poi, di libretti che, figli sempre del “Mazzini”, vengono nominati coi numeri da uno a 11. Il più attivo è il “Tre” che registra oltre una dozzina di prelievi effettuati tra il 2004 e il 2008 da Giovanni Lonfernini e per importi che vanno dai 600 euro a oltre 20mila euro.

I soldi cambiati in dollari. Di una cospicua parte dei soldi movimentati sul libretto Mazzini, il commissario della legge Morsiani ha già ricostruito la destinazione finale, questo grazie alle indagini bancarie disposte. E c’è una parte, pari ad almeno 50mila euro, che venne cambiata in dollari. Il dubbio degli inquirenti è che possa essere stata usata per pagare i viaggi dall’estero di alcuni elettori. Il che aggraverebbe di non poco alcune posizioni e aprirebbe il vaso di Pandora su un’altra vicenda, quella del voto di scambio. Appena pochi mesi fa, un altro commissario della legge, Laura Di Bona, archiviò un’indagine sull’attentato alla libertà del voto a San Marino, perché non si riuscì a dimostrare il collegamento diretto tra la politica e il viaggio di alcuni elettori, ma nel decreto di archiviazione non mancarono i dubbi su alcune modalità di pagamento delle trasferte dei turisti argentini che si mossero in gruppo alla volta del Titano proprio nei giorni delle elezioni, e con un viaggio pagato (in contanti) dagli amici e dai parenti sammarinesi. Ora, l’inchiesta sul conto Mazzini potrebbe far davvero luce su un malcostume prima solo descritto dalle chiacchiere da bar.

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