Scudo fiscale, 800 milioni in fuga

SAN MARINO. Il Consiglio dei ministri italiano dà l’ok al nuovo scudo fiscale e San Marino si fa i conti in tasca: a rischio uscita fino a 800 milioni di euro. A dirlo è il presidente dell’associazione bancaria sammarinese Renzo Giacobbi che però si dice ottimista: «La situazione è sotto controllo. Li convinceremo ad espatriare le somme solo giuridicamente e a trattenere qui i soldi: ce la possiamo fare. Abbiamo ottimi professionisti e appeal». Intanto, il Titano guarda avanti e spera nell’uscita dalla black list: appuntamento a Roma domani col ministro agli esteri Emma Bonino.
Dunque, un’altra batosta per i conti sammarinesi. Proprio ora che si stava assestando l’emorragia di capitali dovuta prima allo scudo fiscale di Giulio Tremonti (ex ministro del Tesoro) e poi alla crisi economica: la raccolta bancaria, dimezzata in sei anni, si stava fermando ora a circa sette miliardi e mezzo di euro. Secondo Giacobbi, almeno il 10 per cento sarebbe detenuto da italiani e di nascosto dal fisco italiano: sono questi i soldi che rischiano di uscire. «Tra i 600 e gli 800 milioni di euro», fa i conti Giacobbi. «Bisogna essere preoccupati perché preoccuparsi significa governare le situazioni - dice il presidente - ma direi che rispetto agli scudi precedenti, la situazione può ritenersi sotto controllo. Dei fondi italiani presenti a San Marino, stimabili in circa un miliardo e 400 milioni, ce ne sono almeno la metà regolari, e quindi dichiarati al fisco italiano. L’altra metà potrebbe essere oggetto di rimpatrio».
L’idea è però quella di offrire un rimpatrio solo giuridico: dichiararne l’esistenza e pagarne le tasse in Italia, ma poi lasciarli di fatto nei conti sammarinesi. Già, ma come convincerli? «Saranno invogliati a rimanere a San Marino per la bravura dei soggetti che amministrano nostri capitali: abbiamo ottimi gestori patrimoniali, saranno sicuramente in grado di essere competitivi con il mercato italiano. La fiscalità leggera e la dimostrazione di solidità che il sistema ha dato faranno il resto».
In ogni caso, spera Giacobbi, un italiano ci penserà su due volte prima di “scudare” il proprio capitale. Già, perché la misura alla quale il governo Letta ha appena dato il via libera non è il classico scudo alla Tremonti. Il premier Enrico Letta ha infatti spiegato che «il decreto sul rientro dei capitali prevede un percorso che parte dall’autodenuncia e dal pagamento per intero delle imposte previste», quindi «non è uno scudo, non c’è più l’anonimato» sia per motivi etici sia per motivi funzionali». Il rientro produrrà dunque gettito, anche se non è chiaro a che tipo di aliquota saranno assoggettati.