La tragedia di Dayana pesa sulla sorte di Schettino

Rimini

RIMINI. Nove anni per naufragio colposo, quattordici per omicidio e lesioni colpose plurime, tre per abbandono della nave, più tre mesi per mancata comunicazione alle autorità. Complessivamente il pm Maria Navarro, al termine della sua requisitoria davanti al Tribunale di Grosseto ha chiesto 26 anni e tre mesi di reclusione per per l’ex comandante della Costa Concordia Francesco Schettino, unico imputato per il naufragio al largo dell’Isola del Giglio che causò la morte di 32 persone, tra cui la bambina riminese Dayana Arlotti e suo padre Williams, nella notte del 13 gennaio 2012. Proprio la tragica fine della piccola rischia di pesare nel computo della pena e nella decisione dei giudici attesa attorno al 10 febbraio, dopo le arringhe difensive. In una precedente udienza aveva suscitato una grande emozione la proiezione del video del recupero, da parte dei sommozzatori dei vigili del fuoco, del corpicino di Dayana abbracciata a quello del padre, nel “pozzo” che si era creato nella zona del ponte 4. Dettagli dei tragici istanti dell’incidente risuonarono in aula nel novembre scorso, grazie al racconto di Lorenzo, un testimone. «Ricordo che la bambina cadde in acqua, io ero a centro nave, era il momento in cui la nave si ribaltò, la bimba scivolò indietro con un anziano, era difficile riprenderla. E il padre gridò : La bambina, la bambina. Poi non la vidi più». Era la prima volta che un testimone raccontava di aver assistito alla scena. Dovettero sospendere l’udienza. I sostituti procuratori che sostengono l’accusa (oltre alla Navarro, i pm Alessandro Leopizzi e Stefano Pizza) si sono concentrati sul comportamento dell’imputato e sulla mancata emergenza. Sarebbe stato importante, ad esempio, per Williams Arlotti avere il tempo necessario per tornare in cabina a prendere i farmaci antirigetto, e poter tornare in tempo utile per trovare posto sulla scialuppa con la bambina. «Che Dio abbia pietà di Schettino perché noi non possiamo averne alcuna» ha concluso Pizza, che tra l’altro aveva dato all’imputato anche dell’«incauto idiota». Le prossime udienze saranno dedicate agli avvocati di parte civile. Tra loro nessun riminese. I parenti della bambina e del padre Williams, così come un’intera famiglia di Misano, dopo una trattativa seguita passo passo dai loro legali accettarono il risarcimento economico proposto dalla compagnia di navigazione, per uscire dal processo e rinunciare in futuro a qualsivoglia azione civile. Costa Concordia ha risarcito complessivamente i naufraghi con 84 milioni di euro. Per ironia della sorte uno dei naufraghi “riminesi”, scampati alla morte, è deceduto tragicamente all’estero dove, con i soldi ottenuti, aveva avviato un’attività.

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