Poste, rischio scure sui piccoli comuni

Rimini

RIMINI. Una scure rischia di calare sui servizi postali in più della metà dei comuni della provincia: tutti nell’entroterra e con una densità di popolazione che va al di sotto dei 200 abitanti per chilometro quadrato. Da Novafeltria a Montescudo, da Montegridolfo, Poggio Torriana a Talamello, passando per Montefiore Conca, Saludecio, Mondaino, Gemmano, San Leo, Pennabilli, Maiolo, Sant’Agata Feltria e Casteldelci.

Sono loro gli indiziati principali tra le realtà che potrebbero subire gli effetti collaterali negativi del nuovo piano industriale 2015-2020 di Poste Italiane. Documento, questo, presentato poche settimane fa e che trova in parte riscontro anche nella recente Legge di stabilità in cui all’articolo 277 si parla di «adeguare i livelli di servizio alle mutate esigenze degli utenti»; ma anche di «assicurare la sostenibilità dell’onere del servizio universale in relazione alle risorse disponibili». Tradotto: si può prevedere «l’introduzione di misure di razionalizzazione del servizio e di rimodulazione della frequenza settimanale di raccolta e recapito sull’intero territorio nazionale».

Una situazione contro cui si schiera l’onorevole Tiziano Arlotti, Pd, che assicura: «Faremo di tutto perché questo non avvenga: non si può pensare di non coprire in modo adeguato i territori dell’entroterra togliendo i servizi fondamentali. C’è in gioco la "sopravvivenza" di tantissime persone, tra cui numerosi anziani».

La battaglia, però, «è appena iniziata», come spiega lo stesso deputato, che pochi giorni fa si è presentato a Roma, con numerosi sindaci dell’entroterra riminese, per discutere con il ministro degli Affari Regionali, Maria Carmela Lanzetta, sul futuro dei piccoli comuni, compreso il destino dei servizi postali.

Già perché la riorganizzazione presentata in dicembre dall’amministratore delegato, Francesco Caio, non è piaciuta tanto neanche ai sindacati a livello nazionale: a fronte delle 8mila assunzioni a tempo determinato nei prossimi cinque anni, è stato prospettato circa il doppio di dipendenti che andrà a casa con gli esodi incentivati. Il potenziale calo di personale rischia quindi abbattersi «proprio su quei territori montani in cui sarà riorganizzato il servizio», hanno lamentato i sindaci riminesi in coro che voglio scongiurare dal taglio delle filiali a quello dei postini, passando per la riduzione delle frequenza di consegna della posta. Nessuna circolare è comunque ancora arrivata: «Per quanto riguarda Rimini non abbiamo ricevuto alcuna disposizione e non abbiamo indicazioni da dare», fanno sapere dalla sede regionale centrale a Bologna di Poste Italiane, dove aggiungono: «Al momento non sappiamo che intenzioni ci siano per la provincia riminese».

Il rischio di disservizi è però concreto: a livello nazionale numerose realtà sono state già colpite dalle sforbiciate. Ma Arlotti svela che a livello locale i sindaci dei piccoli comuni hanno «avanzato delle offerte concrete per aiutare Poste Italiane a ottenere dei risparmi». Ad esempio: «Mettere a disposizione degli edifici pubblici, al momento vuoti, magari anche parti dei municipi, da usare come sedi - prosegue l’onorevole - in modo da non fare dei tagli su postini, consegne lettere e servizi in generale».

Accanto alle proposte proseguirà comunque la battaglia a Roma: «La situazione è delicata - spiega Arlotti - abbiamo delle forze importanti e ci muoveremo in Parlamento per riuscire a intervenire con strumenti di legge». Anche perché, conclude l’onorevole, «le riorganizzazioni si discutono e non calano dall’alto con atti unilaterali mettendo a repentaglio piccoli comuni e anziani».

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