«Il sindaco trascriva i matrimoni omosessuali»

Rimini

RIMINI. Arcigay in pressing sul sindaco Andrea Gnassi: «Hai promesso di riconoscere i matrimoni gay, ora devi passare dalle parole ai fatti», questo il senso dell’intervento dell’associazione che rappresenta gli omosessuali riminesi. «Invitiamo il sindaco - si legge in una nota di Arcigay Rimini -, che mesi fa si era dichiarato favorevole al riconoscimento dei matrimoni gay e considerando i suoi impegni espressi durante la campagna elettorale, a passare dalle parole ai fatti. Ricordiamo che a Bologna, Roma, Fano, Napoli e in altre città è possibile ottenere la trascrizione del matrimonio. Il senso della trascrizione non è un semplice atto simbolico, ma un preciso dovere perché attesta che un certo fatto è avvenuto. Una donna che si sposa con la sua compagna in Svezia, non è che in Italia diventa single e quindi può nuovamente sposarsi! Il matrimonio celebrato all'estero, per esempio, dà diritto al coniuge di avere il permesso di soggiorno in Italia. Il ministro Alfano usa le questure con evidenti scopi politici cercando, con annullamenti e commissariamenti "ad hoc", di contrastare un fenomeno di puro buonsenso che non a caso nasce dai comuni, cioè le istituzioni più direttamente a contatto con i cittadini. Per questo si tratta di atti di banale civiltà che Rimini -- per rimanere la capitale del turismo e magari diventare la capitale dei diritti, accogliente e solidale, attraente per il turismo LGBT -- non può tralasciare».

L’intervento arriva in vista di venerdì il 28 Novembre, quando Arcigay Rimini con il patrocinio del Comune di Rimini invita alla presentazione del film "Lei disse sì" con la presenza delle autrici Maria Pecchioli, Lorenza Soldani e Ingrid Lamminpää alle ore 20:30 presso Teatro degli Atti di Rimini. Il film racconta la storia di due donne sposate in Svezia. «Basta poi passare il confine che, come per magia, in Italia, non risultano tali. Purtroppo non è una barzelletta, si tratta della nostra realtà, realtà nella quale per pagare le tasse siamo tutti uguali (o quasi) ma per avere gli stessi diritti no! Ecco che spuntano famiglie di serie A e B, come se non fossimo tutti uguali, come dice la Costituzione».

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