Prostituzione, sequestrato residence

Rimini

 

RIMINI. Non c’era orario di visite al residence Carolina. O meglio. Il via vai di clienti e lucciole senza soluzione di continuità al civico 26 di via Marsala a Miramare, aveva un picco in occasione di fiere e convention varie dove si scatenava la ricerca di compagnia on line, facendo raddoppiare le prenotazioni. Anche questo hanno visto nei lunghi appostamenti e diligentemente annotato nei verbali redatti dai clienti, agenti e graduati della divisione amministrativa della polizia municipale che ieri mattina, forte di un corposo provvedimento firmato dal gip Vinicio Cantarini, hanno sfrattato la ventina di prostitute alloggiate nei 15 appartamenti del residence, sequestrato la struttura e fatto scattare le manette ai polsi di tre santarcangiolesi, nuovo e vecchi gestori (padre e figlia) del Carolina e della proprietaria dei muri. Per tutti l’accusa è di favoreggiamento e tolleranza della prostituzione in concorso. I guai però potrebbero non essere finiti. Adesso la contabilità del residence e le dichiarazioni dei redditi degli arrestati (tutti sono ai domiciliari) sono nella mani della Tributaria della polizia municipale. I tre gestori sono stati denunciati anche per non aver dato comunicazione tramite schedine elettroniche alla questura degli affittuari delle stanze. Problemi anche per “l’amico” polacco di alcune lucciole che ha pensato di polemizzare durante lo sgombero del Carolina eseguito all’alba. L’occhio attento di un agente ha visto che la sua Mercedes parcheggiata sul marciapiede davanti al Carolina, era priva di assicurazione. La berlina di Stoccarda è così finita sotto sequestro nel deposito della municipale.

L’inchiesta. La genesi del blitz è da cercare nelle proteste di cittadini, comitati in testa e di albergatori confinanti del residence che nell’estate del 2013 hanno presentato un esposto in cui, senza mezzi termini, dicevano che il Carolina in realtà era una casa di tolleranza. Una situazione insostenibile che aveva spinto molte famiglie loro clienti a chiudere le valige e andarsene.

La divisione amministrativa guidata dall’ispettore Umberto Farina si è subito attivata. Due le vie di indagine. Quella sul campo che, in modo inequivocabile grazie anche alle “interviste” ai clienti dopo le prestazioni da 30 a 50 euro (tariffe variabili a seconda se le professioniste erano abbordate in strada o contattate via Internet), hanno confermato quanto avveniva all’interno. E una amministrativa che ha permesso di scoprire come in Comune non risultasse chi gestiva il Carolina, dove gli affitti andavano dalle 700 ai 1.000 euro il mese. Una anomalia che ha permesso alla municipale di entrare nel residence senza destare sospetti ma, soprattutto, ha costretto padre e figlia a chiedere la licenza e regolarizzare la propria posizione. Tutto era pronto per chiudere l’inchiesta coordinata dal pm Davide Ercolani, quando la gestione del residence è stata rilevata da un piccolo imprenditore edile clementino. Anche lui, come la precedente proprietà, non è risultato abbia preso un solo centesimo in più degli affitti dalle prostitute (brasiliane e romene). Per questo nel capo di imputazione si parla solo di favoreggiamento e non sfruttamento della prostituzione per i gestori come per la proprietaria dei muri che incassava solo l’affitto.

Il Comune. «Voglio ringraziare il personale della polizia municipale - ha commentato l’assessore alla Sicurezza, Jamil Sadegholvaad - per l’ottimo lavoro svolto a dimostrazione di come il contrasto al fenomeno della prostituzione ha diverse leve di intervento. Dall’ordinanza sindacale, che colma i vuoti legislativi andando a punire anche i clienti, ad azioni più incisive come questa, che colpiscono i luoghi dove le lucciole vanno a consumare i rapporti sessuali. Una operazione nata grazie anche al supporto dei cittadini e dei comitati di zona che hanno segnalato una situazione non tollerabile».

 

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