L'ex procuratore Battaglino: «Avrei riaffidato il caso Pantani a Gengarelli: non vedo novità»

Rimini

 

RIMINI. «L’indagine sul caso Pantani venne condotta con la massima attenzione, con ogni scrupolo, con meticolosità e senza pregiudizi come è nello stile del collega Paolo Gengarelli, che condusse l’inchiesta nel migliore dei modi, fino all’individuazione dei responsabili. Se adesso fossi nei panni del mio successore? Non avrei dubbi né motivo per non affidare il nuovo fascicolo ancora a lui».

L’ex procuratore capo della procura di Rimini, Franco Battaglino, 78 anni, era ancora alla guida dell’ufficio il 14 febbraio 2004, quando venne ritrovato il cadavere di Marco Pantani. E’ in pensione dal novembre 2008 e in questi giorni si gode finalmente la ritrovata estate a Rimini, sua città d’adozione fin dal 1967, quando arrivò fresco fresco di toga dopo svolto il ruolo di uditore giudiziario a Bologna e quello di pretore a Cesena.

Sotto la sua guida la procura di Rimini ha perseguito negli anni e risolto reati di ogni genere. «La nostra è una realtà vivace», ha sempre commentato più volte sprizzando furbizia e ironia. Del tutto innovative in Italia e quasi pioneristiche, per i primi anni Novanta, le inchieste sui rifiuti, quelle sulle triangolazioni commerciali con l’estero. Non mancò una tangentopoli locale e grande scalpore destò l’inchiesta su un comandante della municipale. Sa quel che vuol dire la pressione mediatica: un incredibile rilievo nazionale ebbero, solo per fare qualche esempio, i processi Uno Bianca, Muccioli, Marmo nero (questi ultimi due seguiti, tra l’altro proprio dal pm Gengarelli, il magistrato più esperto dell’ufficio). E Pantani, appunto. Dopo la cattura degli spacciatori di quella che per i processi è la dose fatale, Battaglino non risparmiò elogi alla professionalità e all’impegno della Squadra mobile. «Conosco solo quello che leggo sui giornali, non conosco i quindi i contenuti dell’esposto. Non seguii personalmente le indagini, ma non credo possa contenere nuove rivelazioni: si parla di trascuratezze, ma dubito ci sia niente da scoprire in più di quanto già emerso e contenuto nel primo fascicolo del dottor Paolo Gengarelli. Ricordo che s’impegnò molto e con la consueta professionalità».

Dopo aver passato 44 anni in magistratura, 18 dei quali come “capo” della procura di Rimini, a Battaglino non sfugge un “dettaglio” che molti continuano a ignorare o sottacere. La decisione presa dal suo successore, il dottor Paolo Giovagnoli, è un atto dovuto. «Non si poteva ignorare un esposto-denuncia dei familiari nel quale si pretende di fornire degli elementi. Si dovrà adesso valutare se si tratta di questioni concrete oppure no e agire di conseguenza. Aprire un fascicolo è doveroso, di per sé non ha un significato: è l’unico modo che consente di effettuare delle indagini. Il procuratore capo Giovagnoli non avrebbe potuto agire diversamente». Ha co-assegnato il caso al pm Elisa Milocco. «Io non avrei avuto motivo di affidarlo ad altri che a Gengarelli, ma si tratta di scelte che riguardano esclusivamente il capo della procura e potrebbe essere solo una semplice ragione di opportunità».

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