I Comuni pronti a fondersi coi vicini

Rimini

RIMINI. Quei 150mila euro all'anno per i prossimi 15 anni, più il contributo straordinario per 3 anni da 120mila euro, tutti soldi in arrivo a Poggio Torriana dallo Stato e dalla Regione, sembrano avere chiarito le idee a tanti Comuni che adesso sono pronti a fare il grande passo verso la fusione. E il presidente della Provincia Stefano Vitali, che già in passato si era speso per difendere l'utilità dell'unione tra amministrazioni, apre la strada al nuovo corso ed esorta ad andare avanti verso questa direzione: «Fusione tra piccoli Comuni, finalmente affrontata attraverso un approccio positivo e non arroccato su posizioni pregiudizialmente contrarie».

 

Il cambio di direzione è arrivato con l'ultima tornata elettorale. Le dichiarazioni post voto, infatti, di alcuni neo sindaci sono andate vero l'ipotesi della fusione che non è più vista come un tabù. Saludecio ad esempio, vede il neo primo cittadino Dilvo Polidori aprire la porta a Montegridolfo, a differenza del suo predecessore, Giuseppe Sanchini, che di unirsi non ne voleva proprio sapere. Stesso discorso, sempre per la Valconca, per Morciano, San Clemente, Gemmano e Montefiore: un poker di Comuni che ha di recente avviato le “trattative” per riuscire a trovare un punto di incontro. Spostandoci in Valmarecchia, ci sono Verucchio e San Leo che potrebbero unirsi in matrimonio: il neo sindaco Stefania Sabba e il riconfermato Mauro Guerra sono infatti propensi a capire come muoversi per vedere se la fusione si può fare o meno.

Vitali è certo che «l’esempio di Poggio Torriana, paese che peraltro ha visto il successo elettorale del sindaco e delle persone che nei mesi scorsi hanno condotto in porto la sfida inedita del passaggio al Comune unico, evidentemente ha seminato una cultura più favorevole». Il problema è infatti uno: La sopravvivenza dei piccoli Comuni – spiega il presidente della Provincia - in tempi di drammatica crisi finanziaria per gli Enti pubblici locali e di inversamente proporzionale richiesta di servizi e di sostegno da parte dei cittadini e imprese, si garantisce di più unendo le forze e ottimizzando l’organizzazione». Vitali chiede quindi di mettere da parte «difesa del campanile, nel nome di una identità non scalfibile». L’obiettivo, conclude Vitali, è quindi quello di «uscire dalla contrapposizione tra i due estremi e cominciare a dire che l’identità non si misura sullo spessore di un confine amministrativo ma semmai sulla capacità di garantire un orizzonte e un futuro a comunità che vivono le incertezze di oggi, senza pensare di risolverle venendo da una Storia e da storie apparentemente distinte».

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