Caro Direttore, quello che mi ha stupito- in un mondo in cui non ci si dovrebbe più stupire di niente- è la velocità. Siamo dalle parti del tempo reale. O giù di lì. La settimana scorsa, neanche un minuto dopo aver rilanciato su fb il link relativo agli insulti sessisti verso Emma Marrone, ‘colpevole’ secondo gli imbecilli di avere detto: ‘Porti aperti’, ecco l’imbecille territoriale che commenta il post con le stesse parole di odio e schifose rivolte a me, ‘invitata’ ad aprire altro. A prendersi cura della sua ufficiale identificazione sarà la Polizia Postale, visto che provvederò a inoltrare denuncia per diffamazione nei confronti di questo (o questa) meschino ‘hater’ di casa nostra. Lo farò perché ritengo utile non far passare né impunito né indisturbato il clima mefitico che si respira in questo momento in Italia. Una cappa pesante, una moto a ciclo continuo di censura e di autocensura. Pochi secondi ed ecco il commento degradante, sessista e offensivo, che ha un unico obiettivo: farti pensare. Farti pensare la volta successiva se sia il caso di rilanciare quanto accaduto a Emma Marrone oppure semplicemente affermare una tua legittima opinione. ‘Ne vale la pena?’. ‘E se lo leggono i miei figli’. ‘Mio marito o i miei genitori ci resteranno male’. E allora eviti. E’ una forma violenta di controllo che mira a neutralizzare chi ha opinioni diverse, facendo leva sula paura.
La paura è il segno più vero e reale del’Italia di oggi. La cattiveria è generata dalla paura. L’aggressione verbale è lo strumento per antonomasia di questo perverso meccanismo che mira principalmente a spingere le persone a stare zitte.
Ma stare zitti non si può. Non lo stanno facendo le Diocesi dell’Emilia Romagna sul decreto sicurezza e sui devastanti effetti nella vita di persone, città e comunità. E’ un esempio di responsabilità e coraggio che non possiamo lasciare cadere. E’ un invito a contrastare questa deriva che, individualmente, colgo, denunciando all’autorità giudiziaria chi si rende protagonista di parole infamanti e infami verso donne e uomini che neppure conosce. L’ho già fatto oltre un anno fa per altri ‘gentiluomini e gentildonne’ che adesso andranno a processo, nonostante le interrogazioni a difesa di qualche consigliere d’opposizione che forse non aveva capito bene che il destinatario di quegli insulti ero io o poteva essere indifferentemente la loro madre o moglie o sorella o semplice amica.
Lo rifaccio ora con ancora maggiore convinzione e determinazione.
(*) vicesindaca di Rimini