Rimini, minaccia di morte la moglie poi aggredisce gli agenti, arrestato

Rimini

RIMINI. Prima ha telefonato alla moglie da cui si sta separando, minacciando di ucciderla, poi ha inveito contro i poliziotti giunti a casa della donna, che li aveva chiamati in preda al panico, e infine ha anche fatto resistenza all'arresto. Il protagonista della vicenda, avvenuta ieri sera a Rimini, è un 42enne di origine marocchina, a cui è stato negato il rinnovo del permesso di soggiorno dopo la separazione, finito in manette per minaccia grave e resistenza a pubblico ufficiale e che ora, dopo essere stato condannato per direttissima a sette mesi e 10 giorni di reclusione, verrà trasferito in un centro per il rimpatrio, in attesa del suo definitivo allontanamento dall'Italia.

Tutto è iniziato alle 22 quando la donna, una 47enne di Foggia, ha chiamato la sala operativa dicendo di aver ricevuto, poco prima, una telefonata da parte del coniuge, che aveva minacciato di andare da lei per ucciderla". La 47enne ha aggiunto di aver ricevuto una telefonata simile anche nel pomeriggio: in quel caso l'uomo "le aveva chiesto un confronto, negato però dalla donna per paura delle sue reazioni". Poco dopo l’uomo si è presentato davanti alla porta di casa urlando improperi e minacce di morte, scalciando l'infisso e prendendolo a spallate per entrare; a quel punto sono arrivati i poliziotti, che hanno raggiunto il 42enne il quale non solo non ha lasciato perdere, ma ha affrontato gli agenti urlando: "Che cazzo volete voi, questa è mia moglie e io le faccio quello che voglio". Portato in Questura, l’ex moglie ha riferito che "più volte in passato aveva subito subito minacce e percosse da parte del marito, e di averlo anche denunciato in un'occasione, ritirando poi la querela a causa delle ulteriori minacce di morte".

Proprio a causa della separazione, tra l'altro, al 42enne "era stato rifiutato il rinnovo del permesso di soggiorno", provvedimento "impugnato dall'uomo ma confermato in sede di ricorso dal prefetto, sulla base degli accertamenti effettuati dall'Ufficio immigrazione riguardo all'effettiva cessazione di ogni tipo di convivenza tra i due". Il magistrato, una volta informato dei fatti, ha disposto di trattenere il 42enne nelle celle di sicurezza in attesa del processo per direttissima, chiuso con la condanna a sette mesi e 10 giorni e al termine del quale l'uomo è stato messo a disposizione dell'Ufficio immigrazione "per essere subito trasferito in un Centro per il rimpatrio, in attesa del definitivo allontanamento dal territorio nazionale".

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