I bimbi eroi e lo Stato
È difficile, molto difficile, il primo impatto, ogni volta che ci vai. Vedi la sofferenza dei bambini, la malattia colpisce con ferocia, il viso, gli occhi, il corpo. Colpisce le mamme, i papà. Ma c’è qualcosa di drammatico e magico insieme. Impossibile da descrivere se non lo vedi. Non c’è rabbia ma nemmeno rassegnazione. Sono eroi che lottano, con enorme coraggio. Da dove viene tanta forza? La vita cambia per sempre, ma è vita, vitale. Si combatte affinché un bimbo possa stare in piedi, fare un passo, poi un altro. Per un sorriso. Una mamma l’altro giorno era triste, “mio figlio non mi sorride da due mesi”, è dura trovare parole. Ti chiedi perché. C’è un dio negli occhi tristi di un bambino che non sorride da due mesi? E dov’è Gesù, se non riesci a sorridere alla tua mamma, a non correrle incontro, per abbracciarla? Poi alzi lo sguardo, vedi quanto la sua mamma lo ama, vedi il suo sorriso per ogni piccolo cambiamento, le sue carezze, la sua vita dedicata al figlio. È così, per ogni mamma, ogni figlio. Vedi le suore che vivono per accogliere, per offrire la possibilità di continuare a vivere e ad amare. Vedi la solidarietà fra le famiglie. Amicizie che nascono e che saranno per sempre. Pensi a quel prete, don Luigi, dal quale tutto è iniziato. E rifletti e pensi, non capisci ancora, ma comprendi che devi agire, devi vivere, combattere, credere o non credere diventa relativo, il valore del lavoro di quelle suore e di quei preti, è assoluto.
Come quello delle infermiere, dei medici, delle fisioterapiste, delle logopediste, delle psicologhe, che lottano con te, con i bimbi, con le mamme, con i papà, con i nonni.
Che bella l’Italia e che bello lo stato, visti da Bosisio. Lo stato sì! Con il sistema sanitario, che pur con difetti, sostiene La Nostra Famiglia ed altre strutture come questa, in molti altri luoghi. E le strutture pubbliche e private locali che integrano e supportano le eccellenze. Non tutte, certo, non sempre, certo. Ma meglio, molto meglio, che altrove nel mondo.
Mesi fa sento parlare in inglese due genitori di un bambino colpito da un ictus. Condizioni gravi. Mi avvicino, ci parlo. Mi dicono che sono inglesi, trasferiti in Italia per aiutare il proprio bambino a vivere. Il sistema sanitario inglese l’aveva abbandonato. Troppo grave, quasi nessuna speranza, troppo costoso.
L’Italia l’ha accolto, curato, cammina, con un supporto meccanico, parla, sorride.
Nel paesino di Battisti, “chiamale se vuoi, emozioni”.
È possibile, senza rabbia e odio. Non c’è tempo per odiare qui.
(*) già Parlamentare