Lo chef di Rimini fra i ghiacci dell’Antartide. «Li prendo tutti per la gola»
L’avventura di Francesco inizia oggi, e fino alla fine di febbraio sarà impegnato a preparare colazioni, pranzi e cene per i membri della spedizione promossa da Pnra, Programma nazionale di ricerche in Antartide, insieme ai due enti attuatori: il Cnr, che ha curato il coordinamento scientifico, ed Enea, l’Ente per le nuove tecnologie, l’energia e l’ambiente, che si è invece occupato della pianificazione e dell’organizzazione logistica.
È una sfida impegnativa, quella raccolta dal cuoco Francesco, che sarà trattenuto lontano dagli affetti per più di quattro mesi, stretto nella morsa di temperature glaciali e nelle dinamiche di una convivenza forzata con una decina di estranei. Tuttavia, ghiaccio, pizza e tagliatelle non sono per lui un abbinamento nuovo. Risale infatti al 2009 la “prima volta” di Francesco in Antartide, quando indossò il suo grembiule nero tra i fornelli della stazione italiana Mario Zucchelli. Un’esperienza talmente emozionante da “costringere” Francesco a tornare al Polo Sud ancora e ancora, di anno in anno, fino ad arrivare al 2018, pronto a salire sull’aereo alla volta della base Concordia.
Che ruolo ha il cibo in missione?
«È assolutamente fondamentale. Le persone che partecipano sono sempre super “selezionate”, avendo superato test psicologici e fisici molto stringenti, anche perché loro resteranno in Antartide per 14 mesi, affrontando tutto l’inverno. Per questo, in spedizione non si incontrano mai persone agitate o irascibili. Tuttavia, lo stress cui si è sottoposti è forte, così, è importante assicurare momenti di distensione. E un buon piatto di pasta è l’ideale per rasserenare gli animi. Per questo cerco di soddisfare le esigenze e i desideri di tutti, organizzando corsi e serate in cui si cucina tutti insieme. Il cibo, poi, è anche il “mezzo” che permette di celebrare le ricorrenze o le festività, come il Natale o il Capodanno, i compleanni, gli anniversari, o semplicemente il sabato sera, con una bella pizza».
Qual è la sua giornata tipo nella base?
«Siamo tutti in servizio 24 ore su 24, se ci sono emergenze o imprevisti siamo tutti chiamati a rispondere. Però generalmente la sveglia suona tutte le mattine alle 5 perché devo panificare, preparare il pane, le torte e le brioche. La colazioni viene servita dalle 7 alle 8, e io di solito faccio trovare ai ragazzi sempre 2 o 3 tipi di torte fresche, in modo avere l’energia giusta per affrontare la giornata. Le temperature, come è facile immaginare, sono paurose e partire bene è fondamentale. Alle 10 c’è la pausa di metà mattinata e si mangiano affettati con la focaccia fresca. Dalle 12,30 alle 13,30 invece c’è il pranzo, sempre a buffet, con due primi a scelta, due secondi, due contorni e poi la merenda alle 16,30 e la cena dalle 19 alle 20. In pratica, lavoro tutto il giorno, e devo essere sempre super puntuale. I ragazzi della spedizione, di solito, sono precisissimi, e in ogni caso, rispettare gli orari nel servire i pasti è essenziale, perché essendo sempre giorno o sempre notte, permettono di scandire il passare delle giorni».
Se si mangia tutto quello che cucina, non deve essere facile mantenere la linea durante la missione.
«Sì, in effetti, quei 5 o 6 chili quasi tutti se li “portano a casa”. Sulla base, comunque, c’è anche una palestra, ma quasi nessuno la usa. Nel tempo libero si preferisce rilassarsi nella living room, guardando la tv o bevendo tisane».
Cosa ha fatto scattare il suo amore per l’Antartide?
«Non saprei. Forse i colori, il pensiero di essere dispersi “ai confini del mondo” e di essere responsabile della sopravvivenza propria e altrui. È una situazione talmente estrema che è quasi impossibile da descrivere, eppure, proprio lì sono nate profondissime amicizie, come quella con l’aiuto cucina che ho conosciuto alla prima missione, alla cui figlia ho fatto poi da padrino al battesimo. Il 4 gennaio è il mio compleanno, e sarà l’ottavo che festeggio in una base di ricerca tra i ghiacci. Significa che qualcosa di potente si è davvero innescato».