Rimini, picchiata e minacciata dal marito tenta il suicidio e finisce in coma

Rimini

RIMINI. L’hanno trovata in condizioni gravissime, dopo avere tentato il suicidio. Riversa esanime in quella abitazione che, dopo anni di botte e minacce, era riuscita a liberare dal suo aguzzino, suo marito, grazie alla sentenza di convalida di allontanamento appena ottenuta dal tribunale. Un dramma vissuto da una moglie e madre, che ha riempito di dolore non solo i suoi familiari ma anche i tanti che si sono mossi per darle una mano. «Quando una donna subisce violenza, le ferite del corpo si tramutano immediatamente in quelle della mente, gettando la sua vita in una gabbia psicologica di paure, ansie, autodistruzione: è quello che purtroppo è successo». Lo raccontano dall’associazione Rompi il silenzio, dove la riminese si era rivolta alcuni mesi prima, dopo avere attraversato un inferno lastricato di pugni, calci, violenze psicologiche e angherie di ogni genere. Un incubo che la vittima viveva giorno dopo giorno, ormai da tanti anni, senza che nessuno si accorgesse di quello che le accadeva; senza che nessuno sospettasse che per lei la vita era diventata un mare di dolore dentro il quale rischiava di annegare e non sapeva come chiedere aiuto.

Il gesto imponderabile

La presidente dell’associazione, Paola Gualano, spiega che «pur subendo tanto, troppo, finalmente quella donna, moglie e madre, aveva detto basta e aveva denunciato queste violenze ottenendo l’allontanamento di quell’uomo». Purtroppo però, continuano dall’associazione Rompi il silenzio, «è arrivato imponderabile il gesto estremo e l’altra notte la donna ha tentato il suicidio, finendo in coma in condizioni gravissime all’ospedale». Gualano chiarisce che «mai prima d’ora era accaduto un caso analogo».

Psicologia devastata

Proprio quando l’incubo sembrava finito, infatti, «la violenza ha mostrato il suo lato nascosto e peggiore, quello psicologico: una violenza fisica che distrugge l’autostima delle donne, ne mina le autonomie, devasta la psicologia e la coscienza; una violenza che ti annulla e ti porta all’autodistruzione anche quando tutto sembra finalmente mettersi nella giusta direzione». Impossibile comunque spiegare quello che è passato per la testa della donna, la cui storia «va raccontata perché purtroppo rappresenta, pur nella sua unicità, le tante che ogni giorno ascoltiamo e condividiamo nelle nostre strutture», aggiunge ancora la presidente, «si tratta di una tragedia unica che ci richiama infatti tante altre storie come la sua, e ci ricorda una volta di più come la violenza non si ferma mai al corpo ma pervade la mente e la volontà». Ecco perché dall’associazione Rompi il silenzio non hanno dubbi: «Noi non ci fermiamo e non ci fermeremo, lo dobbiamo a questa madre e alle tante, troppe donne che sono nelle sue condizioni».

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