L’autopsia non scioglie il mistero del cadavere nel fosso a Rimini. Prelevato il dna

Rimini

RIMINI. Non sono state riscontrate lesioni evidenti sul cadavere del giovane dalla pelle scura, con ogni probabilità un migrante (non aveva con sé né soldi, né documenti), trovato morto venerdì scorso in un canale di scolo nelle campagne di San Giovanni in Marignano, lungo via Montalbano a due passi dall’ingresso del centro ippico “Horses Riviera Resort”. Troppo malmesso il corpo, rimasto nascosto tra i cespugli per non più di tre settimane al massimo. Un limite temporale che, prima ancora della pronuncia del medico legale Gianni Guadagnini che ieri ha effettuato l’autopsia, è stato fissato grazie alla testimonianza di un addetto alla manutenzione del “verde”: «Il 14 agosto in quel punto, quando ho tagliato l’erba, non c’era niente». L’anatomopatologo avrà il suo bel da fare per cercare di ricavare quante più informazioni possibili dai resti del giovane sconosciuto. Finora non ha potuto dire niente di preciso se non confermare che si tratta di un giovane non europeo, dalla pelle scura anche se non necessariamente africano come si era ipotizzato in un primo tempo. Lo sconosciuto non aveva le ossa rotte e quindi non è stato né picchiato né investito da un’auto (circostanza che i carabinieri avevano già escluso per l’assenza di tracce di sangue o segni di frenata sulla strada che è asfaltata). Tutte informazioni che, invece di diradare il mistero, finiscono con l’alimentarlo. Non può essere andato a morire da solo in quel fosso (per di più scalzo), quindi qualcuno deve avercelo gettato quando era già deceduto. Una briga che uno in genere non si prende se non si ha niente da nascondere. Le analisi tossicologiche potranno aggiungere qualcosa alla complicata vicenda? Improbabile: se fosse rimasto vittima di una overdose lo avrebbero reso “riconoscibile”: invece al momento del ritrovamento indossava solo un paio di pantaloncini e una catenina portafortuna (non ne ha avuta). Dalle dita del cadavere non è stato possibile neppure ricavare le impronte digitali. È stato prelevato invece il Dna per metterlo a confronto con quello dell’uomo, l’unico che si è fatto avanti in questi giorni, preoccupato per la sorte del figlio, un migrante straniero, che non dà più notizie di sé. Tra qualche settimana, all’esito della comparazione, si scoprirà se il suo timore è fondato ed eventualmente si potrà conoscere oltre all’identità della vittima anche la sua storia. Potrebbe bastare ai carabinieri del nucleo operativo di Riccione al pm Paolo Gengarelli per risolvere il caso.

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