Obike in cerca di investitori. «Ripartiremo senza casa madre»

Rimini

ROMAGNA. Il neonato servizio di bike sharing “oBike” - inaugurato a marzo a Ravenna e Cervia - continuerà a esistere così come lo abbiamo conosciuto, fino a fine della stagione estiva. Parola del general manager di oBike Italia, Andrea Crociani, che con il fallimento del quartier generale del colosso asiatico, a Singapore, ha dovuto fare i conti con le inevitabili ripercussioni di una decisione che suona come un bastone tra le ruote messo dal compagno di squadra. Perché le bici, così come il sistema operativo e la tecnologia che consente di noleggiare i velocipedi con l’applicazione ufficiale della compagnia, sono forniti in concessione dalla casa madre che ha deciso di ritirarsi dal mercato lamentando il giro di vite deciso dalle autorità di Singapore, tra tasse e restrizioni per ridimensionare il sovraffollamento di biciclette per le strade. «Ma il servizio - assicura Crociani - andrà avanti».

Incognita sul nome

Tra i primi passi che il team italiano sta affrontando, lo scoglio più grosso, è quello dei rapporti con la defunta società madre, la Obike Asia Pte. Ldt & OPG Asia Pte. «La nostra è una società controllata ma che non ha un diretto collegamento aziendale - puntualizza Crociani -, ora stiamo cercando di capire come gestire la questione proprietà, cercando un modo per avere un accesso autonomo alla piattaforma». Che tradotto significa decidere se è più conveniente acquistare il sistema operativo che gestisce il servizio oppure svilupparne uno ex novo.

E mentre le notizie del fallimento fanno il giro del web, Crociani ci vede il lato positivo, prendendola come «un’occasione per ripartire senza il peso dell’azienda madre». Per questo, ammette, «non è nemmeno escluso che il nome del marchio oBike cambi».

Nuovi investitori cercansi

La società italiana è partita nel novembre dell’anno scorso, ma solo da primavera di quest’anno è sbarcata in Riviera, con un totale di 2mila bici, di cui 400 sparse per Ravenna. «I numeri e i risultati economici sono ottimi - continua Crociani - e abbiamo già sviluppato il know how che ci consentirebbe di andare avanti indipendentemente. Il prossimo step sarà quindi quello di cercare nuovi investitori e magari lanciare anche una campagna di crowdfunding per coinvolgere la cittadinanza e diventare a tutti gli effetti una community company».

Pezzi di ricambio

Niente paura per le manutenzioni, rassicura Crociani. Se in linea di massa il tasso di usura annuo comporta la sostituzione di circa il 10 per cento dei mezzi, per i pezzi di ricambio ci si appoggia già a aziende del territorio. «Gli aiuti dei futuri investitori - svela il general manager - potrebbero servire proprio reinvestire in prodotti migliori, nuove bici pensate per risolvere le lacune che sicuramente avevano i prodotti forniti dalla casa madre». Gli atti vandalici (numerose le immagini e i video dei poveri velocipedi gialli maltrattati e abbandonati) continueranno a esserci. Ma Crociani è convinto che non sia quello il problema del settore del bike sharing: «Non ci nasconderemo dietro alla scusa del vandalismo. Il motivo dei fallimenti è la cattiva gestione. E nel caso dovessimo mai fallire, me ne assumerò la piena responsabilità». E rivolgendosi agli scettici, Crociani lancia l’appuntamento mercoledì al Meeting di Rimini. E per l’occasione il nuovo capitolo di oBike potrebbe già offrire nuovi risvolti.

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