Dopo il Pride a Rimini dilaga l'odio omofobo: «Un finocchio lo prendevamo a sassate»

Rimini

RIMINI. Il senso dell’argine del civismo che ha ceduto lo danno le parole che un noto avvocato riminese, sabato sera, poco dopo la conclusione del Rimini summer pride, ha regalato alla bacheca Facebook di un collega: «Quante cose sono cambiate da quando nel Borgo San Giovanni, negli anni ’50, prendevamo a sassate un finocchio che transitava provocatoriamente a bordo della sua bicicletta... senza sella. Eravamo tutti d’accordo». Vale la pena pubblicarlo per intero - anche ora che è stato rimosso dopo l’intervento di un rappresentante delle istituzioni -, per quanto truce e volgare, perché rappresenta la fotografia di una società, quella riminese, che anche tra i suoi rappresentanti più in vista ha finito per sdoganare l’omofobia.

In molte discussioni da bar il dileggio dell’omosessuale è ormai tornato a essere pratica diffusa ma il peggio lo si legge sulle bacheche Facebook o scorrendo i tweet del dopo Rimini summer pride. La terza edizione della parata omosessuale va in archivio come quella dell’odio che in Rete si è contrapposto a quella «felicità» di cui i gay hanno manifestato il bisogno. Era già accaduto in occasione delle manifestazioni degli anni scorsi però mai in proporzioni così dilaganti, mai con così tanta gente di Rimini pronta a manifestare il proprio odio verso gli omosessuali mettendoci la faccia, il nome e il cognome. «Io non o nulla sui ghei - si legge per esempio tra i commenti ai tanti post sul pride comparsi sul gruppo “La Rimini che vorremmo”, con buona pace della lingua italiana - ma non sopporto tutte quelle buffonate di travestimenti». È tornato normale, qui, a Rimini, nel 2018, apostrofare come «non normale» - lo si legge ogni quattro o cinque commenti - chi negli anni Venti veniva definito “invertito” e che venti anni più tardi è finito nelle camere a gas.

L’odio e le provocazioni

Lo spunto per scatenare gli insulti più rabbiosi lo ha dato un cartello che un ragazzo gay sabato ha esibito con «l’intenzione di provocare», associando alla battaglia contro l’omofobia anche il contrasto di un altro fenomeno emergente, quello del razzismo: “Porti aperti come i nostri culi”. «Per me dovrebbero rinchiuderli nelle gabbie insieme alle scimmie - è stata la reazione di un giovane riminese -, forse da loro imparerebbero ad essere meno pagliacci». Meno che umani, animali, è la considerazione dell’omosessuale che si manifesta. Ma si arriva anche più in basso nella scala del tentativo di umiliare, al materiale organico: «Ha piovuto? Hanno di nuovo riaperto le fogne!», sta scritto tra i commenti comparsi sul gruppo “Come vorremmo la nostra Riccione”.

In nome della «libertà di espressione» i moderatori delle pagine non censurano più nulla alla massa cliccante degli haters. «Non nutro nessun odio ma certa gente deve fare le cose di nascosto, non in pubblico». Per migliaia di persone quella di sabato è stata la giornata dell’orgoglio gay. Poi sono seguiti giorni di orgoglio omofobo.

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