Affronte gela i balneari: non si scappa dalla Bolkestein

Rimini

RIMINI. Le concessioni demaniali «sono un servizio, per cui sono soggette alla Direttiva, la Commissione lo ha messo nero su bianco due anni fa nel rispondere a una petizione del 2013».

Smorza gli entusiasmi che hanno creato le parole dell’ex Commissario europeo, Frits Bolkestein («le spiagge non devono andare all’asta trattandosi di beni e non di servizi»), l’eurodeputato indipendente riminese, ex Movimento 5 Stelle, Marco Affronte. E non solo perché un «commissario europeo, specialmente a dodici anni dai fatti, non ha alcun peso specifico su quanto scritto: verba volant, scripta manent». Infatti la Commissione europea, ribadisce Affronte, «si è già più volte chiaramente pronunciata».

Da qui il suggerimento ai colleghi Alberto Cirio di Forza Italia e Angelo Ciocca della Lega di «evitare di perdere tempo con l’ennesima interrogazione solo per far salire i propri indici di produttività».

Come chiarito dalla Commissione «spetta allo Stato membro trovare la soluzione che consenta di tenere conto degli interessi in gioco, nel pieno rispetto della direttiva Servizi».

La Commissione, prosegue Affronte, è disposta ad «avviare discussioni con le autorità italiane per trovare una soluzione al problema».

Cosa che l’Italia, «per la mancata volontà e l’incapacità di governi che si sono succeduti nell’ultimo decennio, non ha voluto mai fare».

“Ora fate presto”

«Le dichiarazioni dell’ex Commissario europeo Frits Bolkestein anche se, come è noto, non costituiscono alcuna interpretazione autentica della Direttiva europea che porta il suo nome (in quanto spetta alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea) aiutano, comunque, nella giusta battaglia che gli imprenditori balneari italiani stanno portando avanti da oltre dieci anni contro la messa a evidenza pubblica delle loro aziende». Lo afferma Riccardo Borgo, presidente del Sindacato Italiano Balneari-Fipe-Confcommercio.

Non solo. «Si conferma che né la Commissione europea, allora in carica, e neppure il Parlamento europeo del 2006 prevedevano gli effetti destabilizzanti che quell’atto avrebbe contribuito a creare in settori nevralgici e cruciali della nostra economia». A tal proposito «non è di alcuna utilità nascondere che l’obbligo della pubblica evidenza non nasce con la Direttiva Bolkestein, in quanto è il frutto di una interpretazione giurisprudenziale e amministrativa italiana sorta anteriormente». Così «come non aiuta sostenere che le dichiarazioni dell’ex Commissario Bolkestein abbiano ormai risolto il problema o che lo stesso possa trovare una sua soluzione solo in ambito europeo». Si tratta di «emanare una legge nazionale che tuteli 30mila aziende italiane a rischio di chiusura».

«Ci auguriamo – conclude Borgo – che sia questo il Parlamento che ponga, finalmente, fine a questa angosciante incertezza di un settore così importante sia per la nostra economia che per l’occupazione».

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