Frode fiscale, imprenditore nei guai: sequestrati beni per due milioni di euro

Rimini

RIMINI. Frode fiscale, riciclaggio di denaro e trasferimento fraudolento di valori. Sono le accuse per le quali il pubblico ministero Paolo Gengarelli ha chiesto e ottenuto dal Gip Vinicio Cantarini il sequestro preventivo di beni mobili e immobili per due milioni di euro nei confronti di un sessantunenne imprenditore del settore fotovoltaico, noto a Rimini anche per i suoi interessi letterari.

In esecuzione del provvedimento i militari del del comando provinciale della Guardia di finanza di Rimini hanno “vincolato” saldi attivi di cinque conti correnti, 44 terreni, immobili, quote societarie e una polizza assicurativa. Il tutto riconducibile al principale indagato (E.P. le sue iniziali), ma anche ad alcuni familiari coinvolti nell’indagine tra i quali il figlio (G.P., 35 anni). Stando agli accertamenti dei militari del Nucleo di polizia economico-finanziaria l’imprenditore avrebbe realizzato un impianto fotovoltaico, sub-appaltando parte dei lavori a ditte che poi emisero alla stessa società fatture per operazioni inesistenti per un importo superiore a quattro milioni e mezzo di euro, consentendogli così di evadere le imposte, tra Ires e Iva, per oltre 2,2 milioni di euro. Avrebbe poi trasferito il denaro da utilizzare per il pagamento delle fatture passive, risultate false, su conti correnti intestati a società e persone fisiche a lui riconducibili. In particolare avrebbe girato al figlio la somma complessiva di 176mila euro, perché lui effettuasse investimenti a San Marino. Nei tre anni presi di mira dall’indagine è stata rilevata una sproporzione di redditi anomala pari, tra investimenti ed entrate globali, a più di 700 mila euro. C’è inoltre il sospetto che il sessantunenne imprenditore, si sia spogliato della titolarità di una buona parte dei propri beni, costituendo e intestando alla moglie due nuove società alle quali ha venduto immobili e terreni. Il procedimento, che conta altri quattro indagati, tra origine da una prima relazione inviata dalla Guardia di finanza di Rimini alla Direzione Distrettuale Antimafia di Bologna alla fine del 2015. La Procura della Repubblica di Bologna, pur condividendo l’impianto investigativo, non ha ravvisato collegamenti con la criminalità organizzata. Ecco la ragione della restituzione degli atti a Rimini. L’imprenditore indagato, che è di origine calabrese, era entrato all’improvviso e senza esperienza nel business delle costruzioni d’impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili e subito aveva ottenuto una importante commessa. A finanziare il progetto era stato un tipo che dopo aver vinto 23 milioni di euro al Superenalotto sarebbe stato verosimilmente avvicinato, secondo gli investigatori, da soggetti vicini alla ’ndrangheta che potrebbero avergli dato dei “consigli” su come investirli.

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