«Avevo accettato che lei studiasse: pagavo io l'università»

Rimini

RIMINI. Nel giorno di San Valentino, trascorso dietro le sbarre, il commerciante bengalese accusato di avere maltratto e picchiato la moglie perché stava “occidentalizzandosi” ha ricevuto la visita del proprio legale, avvocato Massimiliano Baietta. L’uomo, da dieci anni in Italia, è intenzionato a spiegare la sua versione dei fatti nell’interrogatorio di garanzia previsto per oggi davanti al giudice Benedetta Vitolo. Respinge gli addebiti che gli vengono contestati dal pubblico ministero sulla base degli accertamenti della Squadra mobile della questura e non si riconosce nel ritratto dell’integralista violento e anti-occidentale descritto nell’ordinanza di custodia cautelare. «Non ero contento che studiasse? È vero, all’inizio abbiamo litigato (una prima denuncia per percosse del 2014, poi ritirata dalla moglie, nasceva dalla diversità di vedute sul punto, ndr) per quello, ma poi ho accettato la sua volontà: ero io a pagare le tasse universitarie». L’uomo non nega i diverbi con la donna, dalla quale programmava di separarsi, ma ritiene del tutto isolato il litigio che gli costa l’accusa di lesioni, risalente al 18 dicembre 2017. Era stato in negozio fino a tardi e per cena aveva avuto da ridire sulla pasta che la donna gli aveva servito a tavola. Poi aveva scoperto che il bambino non aveva ancora mangiato e di fronte all’invito di lei a nutrirlo si era arrabbiato. «Ma è stata lei a lanciarmi il piattino». L’uomo, stando al racconto che ha anticipato al proprio avvocato, lo avrebbe raccolto e tirato di rimando addosso alla moglie colpendola in fronte. «Ho sbagliato ma non era accaduto mai niente di simile tra noi». Di certo non gradiva che la donna impegnasse la gran parte del tempo a studiare, invece di dedicarsi «alla casa e alla famiglia», ma sostiene che non si tratta di una presa di posizione religiosa (è di fede musulmana). «Altro che amore, altro che condivisione, altro che integrazione, altro che San Valentino», commenta la vicesindaca di Rimini Gloria Lisi. «Solo diffondendo la cultura e l'educazione», si può «lavorare in profondità per cercare di cambiare qualcosa».

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