Bambini "maltrattati" all'asilo. Il Comune alla sbarra con la maestra

Rimini

RIMIN. Il giudice dell’udienza preliminare Vinicio Cantarini ieri ha rinviato a giudizio la maestra d’asilo riminese (L.P., 62 anni) accusata di aver usato modi bruschi nei confronti dei bambini sotto il suo controllo. Dovrà rispondere dell’accusa di maltrattamenti: il pubblico ministero Davide Ercolani contesta venticinque episodi avvenuti tra il 25 novembre 2011 e il 17 marzo 2016.

Sarà processata, con rito ordinario davanti al Tribunale di Rimini, a partire dal prossimo 25 ottobre. Il giudice ha ammesso la chiamata in causa del Comune di Rimini, come responsabile civile. L’ente, difeso dall’avvocato Maurizio Ghinelli, in caso di un’eventuale condanna, dovrà risarcire le diciotto parti civili costituite (le parti offese individuate nell’inchiesta erano ventisei). L’insegnante, nonostante una precedente denuncia per abuso di mezzi di correzione e alcune relazioni negative, all’epoca dei fatti era ancora a contatto con i bambini (da giugno 2016 è stata trasferita ad altro incarico). L’imputata si processa innocente ed è convinta di poterlo dimostrare: gli avvocati difensori Moreno Maresi e Mattia Lancini avevano chiesto per la loro assistita il non luogo a procedere. Il giudice ha respinto tutte le eccezioni e la richiesta di un incidente probatorio per appurare gli eventuali danni psicologici causati ai bambini. L’approfondimento dell’aula è doveroso per una vicenda controversa, specie sul piano della configurazione giuridica dei comportamenti dell’accusata.

Nei confronti della maestra inizialmente, nell’aprile 2016 erano stati disposti gli arresti, poi annullati dal Riesame. Dopo un periodo di osservazione, le telecamere montate all’interno dell’asilo avevano ripreso l’insegnante mentre usava metodi “bruschi”. «Mai picchiati», ripete l’interessata. A chiarire i dubbi è intervenuto un pronunciamento della Cassazione: riferendosi al caso in questione ha spiegato che ci si trova di fronte a «comportamenti non isolati, ma ripetuti nel tempo nei confronti di una pluralità di minori, suscettibili di costituire risposte sproporzionate rispetto alle cause ed alle finalità perseguite, a causa dell’uso di metodi di natura fisica, psicologica e morale esorbitanti dai limiti del mero rinforzo della proibizione o del messaggio educativo, in ragione dell’arbitrarietà dei presupposti, dell’eccesso nella misura della risposta correttiva - anche tenuto conto della tenera età dei bambini». Va stigmatizzato, in sostanza, il ricorso da parte di una maestra «a condotte oggettivamente violente», come «gli strattonamenti, il fatto di alzare i bimbi in maniera brusca o gli schiaffi sulle mani». Non è ovviamente una sentenza anticipata: i difensori sono intenzionati a dare battaglia. Le condotte che il pm Ercolani contesta alla maestra nei confronti di bambini di tre anni consistono nello strattonare, spostare, sculacciare, nel sollevare da terra con violenza e sostanzialmente nel tenere la classe in uno stato di costante soggezione psicologica a causa dei suoi atteggiamenti.

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