Dopo la violenza gli insulti sui "social"

Rimini

RIMINI. Dopo la violenza subita nei bagni della discoteca, ripresa con il telefonino dalle amiche, arrivano anche gli insulti per la diciassettenne in fuga dalla Romagna per il timore sia di possibili ritorsioni sia della gogna mediatica.

Ospite di un parente lontano la ragazza non ha seguito i consigli di quanti le suggerivano di stare alla larga da internet e, prima di staccare definitivamente la spina, ha letto le notizie che la riguardavano e i commenti della sua cerchia allargata di amici dei Facebook, la gran parte dei quali non sa neppure che sta “parlando” proprio di lei. La volgarità e il disprezzo l’hanno convinta a rivolgersi ai propri legali, avvocati Piergiorgio Tiraferri e Carlotta Angelini. «Chi ha passato il segno ne pagherà le conseguenze: denunceremo chi, dietro la tastiera, offende e diffama, a tutela dell’immagine della nostra assistita». Tradita dal giovanotto che voleva fidanzarsi con lei, ma non ha esitato a farla ubriacare per approfittare del suo stato di semi-incoscienza, tradita dalle amiche che hanno filmato la scena e l’hanno condivisa tra i loro telefonini, tradita da media irrispettosi della privacy e delle regole deontologiche, e ora anche dal “tribunale” della rete. Nei commenti molti vanno giù duro anche con il giovane accusato dello stupro, spesso però tradendo, più che una solidarietà con la vittima, una esagerata dose di razzismo (l’indagato è di origine albanese). Bersaglio di ingiurie di ogni tipo sul web sono anche le ragazzine che hanno girato il video , senza tenere conto che oltre a essere giovanissime, hanno anche riferito agli investigatori di aver tentato di aiutare l’amica. In particolare hanno raccontato di essersi rivolte a un buttafuori, quando era forse troppo tardi. Lui però avrebbe cacciato sia l’albanese sia una delle amiche che aveva schiaffeggiato il ragazzo dandogli dell’approfittatore. Nel frattempo la procura (titolare del fascicolo è il pm Davide Ercoani) per intervento del procuratore Paolo Giovagnoli ha aperto un’indagine orientativa, delegando i carabinieri, per scoprire se esistono altri canali ancora “aperti” di potenziale diffusione del breve filmato girato col telefonino. La catena delle amiche su Whatsapp pare essere stata spezzata, ma se qualcuno ne dovesse avere una copia nascosta sarò meglio che la distrugga. La minorenne non è mai inquadrata in faccia nella breve sequenza in cui lui, attento a non svegliarla mentre lei è abbandonata come un fantoccio sul water, tenta di abusarne. L’assenza del volto, che è casuale e in qualche modo provvidenziale a tutela della minore, rende ancora più disturbante la scena, anche da un punto di vista simbolico. Il ragazzo ha davanti a sé un oggetto, inerte e senza identità, e non ha intenzione di fermarsi, deciso a fare i suoi comodi. L’educazione digitale va bene, ma bisognerebbe ripartire da quella sentimentale.

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui