«La dipendente fa sesso nelle ore d'ufficio»
RIMINI. Con il tono del moralista indignato “denuncia” le presunte avventure sentimentali di una dipendente pubblica che, nelle ore d’ufficio, si dedicherebbe a coltivare una relazione extraconiugale più che alle incombenze lavorative, remunerate con i soldi pubblici. Una sorta di versione a luci rosse dei “furbetti del cartellino”, la cui veridicità è ben lungi dall’essere dimostrata.
Il “corvo”, che si dice bene informato e fa nomi e cognomi di potenziali testimoni ma mai quello del presunto amante misterioso, come avviene spesso in questi casi sparge i suoi veleni in forma rigorosamente anonima. Lettere non firmate hanno raggiunto nelle scorse settimane gli uffici di un Comune della provincia di Rimini (si omettono i dettagli che potrebbero rendere anche indirettamente riconoscibile la parte offesa della vicenda). Alcune sono state perfino protocollate e quindi passate per più mani, forse il vero scopo dell’autore. Creare lo scandalo sia sul luogo di lavoro sia in casa e mettere in difficoltà la protagonista dei racconti boccacceschi, una dipendente pubblica felicemente sposata. La reazione della donna è stata ferma e decisa. «Sono volgari falsità», ha detto indignata. Ha deciso di sporgere una denuncia per diffamazione nella speranza che i carabinieri possano dare un volto e un nome all’autore delle lettere. Il fascicolo è destinato ad approdare sul tavolo di un magistrato che valuterà gli eventuali elementi per dare avvio alla caccia al “corvo”. L’anonimo, dal canto suo, ha preso delle precauzioni, come scrivere al computer e utilizzare carta e buste di uso comune. Secondo la sua “denuncia” la dipendente pubblica, in orario di ufficio, avrebbe fatto sesso più volte con il presunto amante nei locali di una struttura di proprietà comunale. L’informatore ha fatto il nome della donna, per denunciarne il comportamento “infedele”, sia rispetto ai doveri d’ufficio sia a quelli coniugali (una delle lettere è stata spedita anche al marito). Ha evitato invece di mettere nero su bianco l’identità del presunto spasimante, descritto come un tipo aitante. Si lascia semplicemente intendere che si tratta di una specie di “collega”. Contro tanto veleno e metodica cattiveria, la signora presa di mira, per tutelarsi, non ha potuto fare altro che sporgere querela.