Associazione per delinquere, dieci indagati

Rimini

RIMINI. Il “primo avviso” sulla loro copertura saltata e su cosa poteva capitargli, il cesenate Marcello Spada, titolare dell’omonima impresa di rottamazione di Gambettola e il riminese Davide Gerardi, lo avevano ricevuto a fine aprile del 2014 quando erano finiti in carcere colpiti da altrettante ordinanze di custodia cautelare per estorsione in concorso.

La procura di Rimini li accusava di chiedere il “pizzo”, 70 euro al giorno, ai soci nomadi sinti o rom della Metalcoop, cooperativa riminese da loro presieduta indipendentemente se si trovassero al lavoro, o in ferie, o facessero ritorno con i cassoni dei loro furgoncini venduti alla società sostenendo pure sulle loro spalle le spese del passaggio di proprietà.

Quella indagine era solo la punta dell’iceberg di una inchiesta che dalla fine dal 2011 ha impegnato Reparto mobile e Nucleo di polizia giudiziaria della polizia municipale e la sezione aeronavale della guardia di finanza di Rimini che ha portato alla chiusura e alla bonifica di sette discariche sparse da sud a nord della provincia dove sono state trovate tonnellate e tonnellate di rifiuti speciali recuperati e accatastati in violazione a tutte le norme in materia di trattamento e stoccaggio.

Trenta le persone che nei giorni scorsi si sono viste notificare l’avviso di conclusione delle indagine coordinate dal sostituto procuratore Davide Ercolani. Per Marcello Spada e il fratello Daniele classe ’71, Davide Gerardi, 40 anni, il cesenate Andrea Mordenti, 44, il riminese Giuseppe Severi, 54, i romeni Dragutim Caldaras, 48, Marius Frigli, 49, Mihai Dimitru Goman, 38, Manole Pupin, 41 e Remus Jova, 41, l’accusa è di associazione per delinquere finalizzata al falso e alla violazione delle norme ambientali sui rifiuti. Di concorso semplice negli stessi reati sono accusati gli altri 20 indagati (anche in questo caso metà sono italiani e metà nomadi di etnia rom e sinti). Ben sette le discariche abusive individuate e bonificate, 14 i furgoni posti sotto sequestro.

La genesi. Un furgone carico di ferro, rifiuti speciali come batterie per auto, frigoriferi, lavatrici, amianto sbriciolato e nascosto in un divano fermato durante un normale servizio di controllo su strada di una pattuglia del Reparto mobile dei vigili urbani. È la genesi di questa lunga indagine che muove i primi passi a fine 2011. Gli agenti segnalano ai loro superiori questa circostanza e da quel momento ogni furgone “sospetto” viene ispezionato. E siccome il carico è sempre lo stesso, il comando capisce che non si è davanti a un episodio sporadico ma a qualcosa di ben più grande. A questo punto viene allertata la procura e per condurre l’indagine si coinvolge anche il Roan della Fiamme gialle. Pattuglie su strada e elicotteri della finanza iniziano a pedinare i furgoni sospetti tutta della Metalcoop, sotto cui sono stati messi anche rilevatori Gps. Una dopo l’altra vengono trovate le sette discariche abusive: al Marano, a ridosso dell’argine del Marecchia in via Bagli-Tonale (dove ora c’è la rotatoria), in via Barzilai, in via Emilia, in via Palmiera a Torre Pedrera. Scaricati i rifiuti ci pensava Mordenti, dipendente della Spada, a provvedere al loro recupero. Che faceva lo stesso lavoro anche dopo il sequestro delle aree. Gerardi e Spada, infatti, per nulla scoraggiati, hanno cercato di aggirare i controlli facendo parcheggiare i furgoni, carichi di rifiuti pericolosi, in aree di sosta pubbliche a Coriano, in via Savina a ridosso del Marecchia, in via Lotti a Santarcangelo, alla foce dell’Uso a Igea, all’ingresso di Cattolica. Quando anche questi furgoni sono stati individuati e sequestrati, la banda ha deciso di conferire direttamente quanto raccolto a Gambettola. Intanto la Metalcoop, privata dei mezzi e con i soci in fuga, chiudeva i battenti spostando le proprie attenzioni sulla vicina provincia di Forlì-Cesena.

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