Gli tirano due molotov sull'uscio di casa

Rimini

RIMINI. Due bottiglie molotov lanciate nel cuore della notte lo scorso 14 marzo, contro la porta dell’appartamento dove vive con i genitori. L’ultima intimidazione per convincere un 16enne a saldare il suo debito, o presunto tale: 5mila euro euro per partite di hashish mai pagate e un fucile che gli avevano affidato finito nelle mani dei carabinieri, è stato l’inizio della fine per una banda di spacciatori composta da vecchie conoscenze della giustizia riminese. Prima il padre e subito dopo la giovane vittima, infatti, hanno deciso di raccontare quanto il sedicenne stava da tempo subendo.

Così all’alba di martedì scorso i carabinieri del Nucleo operativo della Compagnia di Riccione in esecuzione a sette ordinanze di custodia cautelare (quattro in carcere) firmate dal Gip del tribunale di Rimini Vinicio Cantarini, hanno fatto scattare l’operazione “Resa dei conti”. In carcere con le accuse di spaccio, estorsione, danneggiamento e detenzione abusiva di armi sono finiti Skerdi Piperi, albanese 27enne, detto “Freesbe”; i fratelli Fabio e Alessandro Giannone, 28 e 25 anni, Simone “Sciof” Fraternali, 42. Quest’ultimo è stato raggiunto dal provvedimento ai domiciliari dove si trova dalla fine di marzo, sempre per mano dei militari riccionesi, a seguito del sequestro di un vero e proprio arsenale di armi modificate. Un pugno di cocaina (8 grammi) e tutto l’occorrente per il confezionamento delle dosi è stato invece trovato nella disponibilità di Freesbe cui in diretta è stata contestata un’ulteriore accusa di detenzione a fine di spaccio di sostanze stupefacenti. Per gli altri tre componenti della banda: un egiziano di 19 anni, un marocchino di 21 e una riminese di venti, la squadra cui i capi delegavano le intimidazioni fisiche di chi non faceva fronte ai propri impegni dopo aver ricevuto la droga, il giudice ha disposto l’obbligo di firma in caserma. Gli autori materiali dell’attentato, secondo quanto ricostruito, sarebbero Fabio Giannone e Piperi Skerdi.

La genesi. Come detto a far scattare le indagini degli investigatori dell’Arma della Perla Verde, l’attentato (ripreso in diretta dalle telecamere in strada) e la denuncia del padre del ragazzo divenuto strumento fondamentale per la vendita del fumo tra i suoi coetanei al parco Pertini di Rimini. È stato facile arruolarlo. È bastato, infatti, farlo fumare gratis per un paio di mesi. Poi, quando la dipendenza ha iniziato a manifestarsi, gli hanno spiegato che per potersi mantenere il vizio o saldava il debito o avrebbe dovuto mettersi al loro servizio. Ha scelto la seconda strada diventando così un baby pusher e anche l’insospettabile custode di alcune armi della banda. Nel periodo di affiliazione, il 16enne la cui posizione è al centro di un fascicolo della procura dei Minori di Bologna, avrebbe visto trattare a Piperi nella baracca a ridosso del Rio Melo dove abita, diversi chili di hashish. Quale sia il giro di minori coinvolti, è ancora tutto da quantificare. Nell’ordinanza sono diverse cessioni vengono contestate.

Enrico Chiavegatti

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