Banca Carim, 23 indagati verso il processo

Rimini

RIMINI. Il pm Luca Bertuzzi ha chiesto il rinvio a giudizio per 23 tra ex amministratori, manager e membri del collegio sindacale di Banca Carim (Cassa di Risparmio di Rimini) coinvolti a vario nell’ambito dell’inchiesta della Guardia di finanza di Rimini sulla presunta gestione più “politica” che prettamente contabile dei finanziamenti, secondo la prospettazione dell’accusa, non sempre assistiti da adeguate garanzie. Il periodo preso in considerazione va dal 2009 fino al commissariamento disposto nell’ottobre 2010. Nel mirino degli investigatori (l’inchiesta era affidata ai militari del nucleo di polizia tributaria delle fiamme gialle, guidati dal colonnello Marco Antonucci) sono finite in particolare sopravvalutazioni di alcune poste di credito e omissioni relative alle perdite. Soltanto nei confronti di tre persone, al vertice della banca all’epoca dei fatti, si ipotizza il reato di associazione per delinquere finalizzata al falso in bilancio e a una serie di reati societari. Si tratta di Giuliano Ioni (ex presidente del Cda e componente del comitato esecutivo); Alberto Martini (ex direttore generale) e Claudio Grossi (ex vice direttore generale). Secondo l’accusa i vertici dell’istituto avrebbero partecipato sistematicamente al processo di concessione e revisione delle linee di credito rilasciate dalla Carim in favore di soggetti o gruppi insolventi, per poi omettere dai bilanci (dolosamente) le perdite, già maturate da tempo, relative a mutui e finanziamenti elargiti, ma non assistiti da adeguate garanzie. In questo modo, nonostante l’esito dell’attività ispettiva di Bankitalia, si facevano risultare utili in realtà inesistenti (successivamente distribuiti, illegalmente, agli azionisti) e si consentiva l’indebita restituzione dei conferimenti in favori di alcuni soci. Nei bilanci della Carim non venivano svalutati i crediti concessi a soggetti o società che non potevano onorare i propri debiti verso l’istituto, a causa degli effetti della crisi economica. Gli accertamenti, sono stati disposti anche delle consulenze tecniche, avrebbero portato alla luce valutazioni arbitrarie e sproporzionate. I vari capi d’imputazione sono stati aggiornati alla luce della nuova legge sul falso in bilancio che potrebbe fornire però nuovi e decisivi argomenti alla difesa di tutti gli imputati, anche alla luce di una recente sentenza della Corte di Cassazione, della quale non sono ancora note le motivazioni. Secondo l’interpretazione della Suprema Corte, infatti, la norma sarebbe scritta in maniera da non rendere più punibili i falsi su quelle parti del bilancio “oggetto di valutazioni”, cioè basate su stime. Un grattacapo in più per il pm quando sarà il momento di confrontarsi davanti al giudice, in occasione dell’udienza preliminare.

Verso l’archiviazione, invece, la posizione dei due commissari della Banca d’Italia, Riccardo Sora e Piernicola Carollo, inizialmente coinvolti nell’inchiesta. Il reato ipotizzato nei loro confronti era l’indebita restituzione di conferimenti nei confronti di alcuni soci (quelli che avevano venduto le proprie azioni all’istituto stesso) per un importo complessivo di più di dieci milioni di euro. Nel corso dell’interrogatorio del 28 aprile scorso, però, i loro argomenti hanno convinto il magistrato anche alla luce di un parere della Banca d’Italia sull’operato dei commissari. Lo scorso 25 maggio, con una risposta scritta alla procura ha infatti avallato totalmente l’operato di Sora e Carollo: se i commissari si fossero opposti alla vendita delle azioni avrebbero procurato allarme nei correntisti con conseguente corsa agli sportelli che avrebbe anche potuto portare l’istituto di credito al default.

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui