«Sistema Rimini? La crisi fa venire a galla ciò che prima veniva coperto coi soldi»
RIMINI. “Sistema Rimini”? Forse, per il procuratore capo Paolo Giovagnoli sarebbe più appropriato parlare di «sistema all’italiana». E se di questo si tratta, di fronte ai “terremoti giudiziari” delle ultime settimane (Banca Carim segue di pochi giorni quello di Aeradria) nel sentire comune, chi si muove nelle stanze dei bottoni riminesi ha fatto tesoro dell’utilizzo di metodi poco ortodossi. L’ultima doccia fredda è piovuta giovedì sui vertici della Banca Carim: sono indagate ventisei persone, delle quali ventiquattro tra ex amministratori e manager, e due commissari della Banca d’Italia, arrivati a Rimini durante la fase di commissariamento dell’istituto di credito.
Le accuse vanno da associazione a delinquere a false comunicazioni sociali e indebita restituzione dei conferimenti. Tuttavia, dalle parole di Giovagnoli sembra esclusa una volontà precisa di colpire il cosiddetto “sistema riminese”: «Non abbiamo scardinato un sistema - sottolinea il procuratore - abbiamo imputato dei reati. Il fatto che le due vicende giudiziarie siano emerse quasi in contemporanea è una casualità, dipende dai tempi delle indagini».
Per il procuratore, però, un filo conduttore che lega le vicende che stanno scuotendo gli ambienti politici e finanziari della città c’è: «La crisi». La ragione è semplice: «La crisi - spiega - ha fatto venir meno le risorse e minori risorse fanno emergere i problemi. Senza problemi, forse, i reati non sarebbero venuti alla luce. Con i soldi si poteva fare tutto. Se c’è il denaro alcune questioni verrebbero scoperte solo attraverso i controlli. Poi sono subentrate anche delle leggi che mettono dei paletti e vietano certe manovre finanziarie. La procura si muove quando ci sono notizie di reato; diversamente ci sono normali controlli amministrativi». L’inchiesta ha preso slancio nel 2012, in seguito alle querele presentate dai piccoli azionisti «per il danno patrimoniale subito per via del rilevante deprezzamento delle azioni Carim detenute in portafoglio». Una volta scoperchiato il pentolone sono saltate fuori tutte le magagne. Nel mirino degli investigatori (il pm Luca Bertuzzi e la Guardia di finanza), c’è in particolare la concessione di finanziamenti senza le dovute garanzie. L’avviso di conclusione indagini del caso Carim è stato notificato giovedì, a pochi giorni dalla richiesta di sequestro preventivo di beni per 749mila euro per nove degli indagati per il fallimento Aeradria, la società che gestiva l’aeroporto Federico Fellini. In totale, la richiesta di beni da sequestrare nel caso di Aeradria si aggira sui 34 milioni di euro.