Una nuova perizia choc: «Con l'infermiera i morti aumentavano del 250%»

Rimini

 

RAVENNA. Il tasso di mortalità in reparto cresceva del 250% quando Daniela Poggiali era di turno. Dei 191 morti registrati in due anni (tra l’aprile del 2012 e quello del 2014) ben 139 sono deceduti quando l’infermiera era in servizio, per la precisione 87 in più rispetto la media degli altri colleghi. Un tasso di mortalità definito dai giudici del tribunale delle Libertà di Bologna “esplosivo” e che guarda caso ritorna normale proprio dall’8 aprile scorso, ovvero il giorno in cui la Poggiali viene sospesa.

Sono dati choc quelli che emergono dall’ultima consulenza statistica prodotta dalla Procura della Repubblica di Ravenna, numeri che pesano non poco sulla della decisione del tribunale delle Libertà di Bologna di respingere il ricorso presentato dall’avvocato Stefano Dalla Valle, difensore della 42enne di Lugo in carcere dall’ottobre scorso con l’accusa di omicidio volontario pluriaggravato e peculato per la morte della 78enne di Russi Rosa Calderoni, ricoverata il 5 aprile scorso per un lieve malessere e uscita cadavere tre giorni dopo con valori sballati di potassio riscontrati nel cosiddetto humor vitreo degli occhi.

Ma se fino a ieri l’accusa poteva contare soprattutto sull’esito delle analisi che hanno rilevato tracce massive di potassio negli occhi e nel deflussore usato per l’ultima flebo fatta alla vittima (flebo che la stessa Poggiali ha già ammesso di aver eseguito di persona) ora si aggiunge un nuovo elemento favorevole alla Procura. Si tratta - come detto - dell’esito della consulenza statistica disposta dalla stessa Procura. «Riteniamo che sia doveroso informare l’opinione pubblica - ha detto il procuratore capo Alessandro Mancini - della portata di questi numeri». Ma il procuratore capo, in presenza del suo sostituto Angela Scorza, preferisce citare passi dell’ordinanza scritta dal tribunale delle Libertà che definisce «una pietra miliare di un’indagine che volge a conclusione». Sono infatti i giudici di Bologna a esprimere il loro sbigottimento in più passi dell’ordinanza: «La consulenza piomba sull’indagata come un autentico macigno - scrive il giudice estensore Alberto Albiani - si è al cospetto di numeri che è eufemistico definire agghiaccianti: di risultati che depongono nel senso di una diuturna e sistematica opera di eliminazione di ricoverati. La vicenda in esame si presenta come una cronaca di una morte annunciata, o meglio, come la cronaca di una delle morti annunciate». Duro anche il giudizio sulla pericolosità della Poggiali: «La sua spregiudicatezza supera ogni immaginazione, induge sull’assassinio della Calderoni pur sapendo di essere ormai pesantemente sospettata». Secondo i giudici l’infermiera arriva persino ad alzare la soglia del rischio. Uccide di fronte agli occhi della figlia. E oggi, «sarebbe ancor più pericolosa, perché è una persona che non ha più nulla da perdere».

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